Pubblicità e disinformazione

Agostino Macrì
3 Giugno 2020
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La pubblicità è un importante legittimo mezzo delle aziende per far conoscere ai potenziali acquirenti i propri prodotti. Le informazioni dovrebbero essere corrette, semplici e trasparenti per dare modo ai cittadini di fare delle scelte consapevoli. Sono invece frequenti pubblicità poco chiare con messaggi che promettono benefici di tutti i generi sia di tipo salutistico sia come vantaggi economici.

Troppo spesso i consumatori “abboccano” alle lusinghe della pubblicità senza approfondire il reale contenuto dei messaggi, ma fidandosi di quanto viene loro proposto dai vari media.

I pubblicitari utilizzano tecniche della comunicazione molto raffinate e usano testimonial, informazioni scientifiche, paure recondite, certezze mediatiche, campanilismi, situazioni economiche, movimenti, esigenze primarie che possono “stimolare” l’acquisto di questo o quel prodotto.   

Esaminiamone qualcuna.

Testimonial

Il ricorrere a personaggi molto noti (attori, sportivi, cuochi, opinionisti, ecc.) è molto frequente. Abbiamo il calciatore abilissimo nell’utilizzare un detersivo, l’attore che gioca con le galline, l’attrice che scende le scale senza temere per le proprie ossa perché mangia uno yogurt ricco di calcio e così via. Non sempre però le ciambelle escono con il buco.

Recentemente un noto calciatore “testimonial” di un’acqua minerale, durante il suo soggiorno negli USA ha avuto una calcolosi renale e ciò ha suscitato commenti ironici. Forse poteva essere sufficiente spiegare che i calcoli renali non dipendono soltanto dall’acqua; il calciatore in questione ha invece detto che negli USA non trova l’acqua da lui reclamizzata e si deve adattare a quella “americana” lasciando intendere che proprio quest’ultima ha provocato i calcoli!

Forse alcuni ancora ricordano la pubblicità che rappresentava il cuoco della nazionale di calcio ai campionati del mondo in Sudafrica; si vantava di “vitalizzare” gli atleti facendo loro mangiare a colazione una nota crema alle nocciole. Tutti forse ricordano l’indecorosa uscita di scena degli azzurri.

Le bevande alcoliche

E’ ampiamente noto che le bevande alcoliche sono potenzialmente nocive. Non esistono però restrizioni severe per la pubblicità come avviene invece per i prodotti da fumo.

C’è quindi una pubblicità palese, come ad esempio il superalcolico di cui si suggerisce l’aggiunta al caffè (magari mattutino) o le accattivanti immagini di vini bevuti in situazioni particolarmente liete, ma anche una vasta pubblicità occulta. Nelle infinite rubriche gastronomiche il vino (e alle volte anche la birra) ha un ruolo importante e certo nessuno parla dei potenziali effetti negativi provocati dagli abusi.

Sono anche esaltate le proprietà benefiche del “resveratrolo” omettendo di dire che per ottenere un effetto antivirale (cosi di moda in questo periodo di paura dal Covid-19) bisognerebbe bere diversi litri di vino.  Non sappiamo con certezza se si guarisce dalla malattia, ma una solenne sbronza è assicurata.

Gli antiossidanti e i prodotti “con”

Anche se gran parte dei cittadini ignora cosa siano gli antiossidanti,  queste sostanze sono ormai abbondantemente utilizzate  per pubblicizzare alimenti, bevande, farmaci da banco, integratori alimentari, cosmetici. Senza entrare in dettagli è noto che esercitano un’azione benefica di contrasto ai “radicali liberi”. Consumando frutta, verdura e anche altri alimenti freschi abbiamo la possibilità di coprire i nostri fabbisogni. Invece ci vengono proposti alimenti trasformati e miracolosi “intrugli” che possiamo trovare anche nell’e-commerce in cui gli antiossidanti sono dominanti.

Tra gli alimenti l’olio extravergine di oliva viene rappresentato come fonte di antiossidanti. Però nelle etichette non c’è nessun riferimento al reale contenuto. Si tratta di un dettaglio molto importante perché durante i processi di raffinazione e di conservazione si hanno importanti perdite di queste preziose sostanze. Esiste quindi la concreta possibilità che in alcuni oli in commercio gli antiossidanti siano molto pochi anche se non mancano “comunicatori” che affermano il contrario.

I “senza”

Gli alimenti senza qualcosa rappresentano il massimo dell’ipocrisia pubblicitaria e, salvo alcuni casi, nascondono enormi interessi commerciali che nulla hanno a che fare con la salute e il benessere dei cittadini

Il “senza” è ampiamente giustificato per gli alimenti privi di glutine, lattosio e di zuccheri destinati a persone che hanno alcune malattie come i celiaci, diabetici, oppure gli intolleranti al lattosio.

Il mercato per questi prodotti sarebbe quindi limitato alle persone che ne hanno bisogno. Per incrementare i volumi di vendita si fa del tutto per magnificare inesistenti proprietà benefiche omettendo di dire che sono carenti di qualche nutriente.

In questo settore dominano le pubblicità pleonastiche.  Tutti dovrebbero sapere che nei prodotti vegetali non ci sono il lattosio, il colesterolo e che le proteine sono carenti di alcuni importanti aminoacidi.

Allora non è facile capire la pubblicità che mostra persone saltellanti e giulive dopo aver scoperto che il riso è senza lattosio! Il lattosio è presente soltanto nel latte animale.

La stessa cosa si può dire dei surrogati vegetali del latte, dei formaggi e della carne. Spesso si tratta di miscele di cereali e leguminose sapientemente macinate, manipolate e, anche grazie all’aggiunta di additivi chimici, trasformati in copie di alimenti di origine animale. Come accennato sono prive di lattosio, colesterolo, ma anche di importanti nutrienti. Questo ovviamente non si dice, anzi viene tradotto come un fatto positivo.

Il “senza” olio di palma sta dominando il mercato dei prodotti da forno e quello dolciario. Eppure l’olio di palma, senza esagerare, è un ottimo ingrediente. Sorge legittimo il sospetto che altri oli (non certo quello extravergine di oliva) vogliono eliminare un valido (e per loro pericoloso) concorrente e hanno trovato un’ampia cassa di risonanza attraverso i messaggi pubblicitari.

I residui di antibiotici nella carni sono uno spauracchio per molti consumatori. Ecco allora le carni di animali allevati senza utilizzare gli antibiotici. E’ un’altra classica pubblicità pleonastica perché l’impiego di questi farmaci negli allevamenti è proibito dalle leggi vigenti.

Considerazioni finali

E’ curioso osservare che tra i “senza” non sono mai menzionate alcune sostanze “tossiche” naturali o ambientali. Ad esempio nessuno dice che i formaggi sono senza “micotossine”, oppure che il tonno è senza ”mercurio” oppure le cozze sono senza “tossine algali”. In nessun fungo c’è scritto che è senza veleno.  Si tratta di problemi molto seri, ma non se ne parla.

Evidentemente e meglio parlare della mancanza di problemi inesistenti, piuttosto che di cose serie.

Forse sarebbe meglio dire ai cittadini in modo corretto quali sono le procedure seguite per controllare la salubrità degli alimenti prima che siano messi in commercio e del loro alto livello di sicurezza.

Sembra però che per il mondo della pubblicità troppo spesso la correttezza delle informazioni sia un optional superato dall’interesse a vendere il più possibile.

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