L’olio d’oliva: una spremuta di vantaggi

Agostino Macrì
23 Febbraio 2012
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L’olio di oliva è uno degli alimenti fondamentali della dieta mediterranea perché contiene acidi grassi insaturi di ottimo valore nutrizionale, non contiene colesterolo ed è ricco di “antiossidanti” che hanno importanti funzioni “protettive” nei confronti di cellule e tessuti esposti a varie sostanze tossiche che quotidianamente assumiamo attraverso la contaminazione ambientale o più semplicemente con comportamenti sbagliati come il fumo, l’abuso di alcol o di alcuni alimenti.

L’olio d’oliva si ottiene dalle drupe tramite differenti tecnologie (premitura, centrifugazione, ecc.) e viene definito extravergine quando ha un contenuto di acido oleico libero inferiore allo 0,8 % e determinate caratteristiche organolettiche . L’olio vergine di oliva ha invece un contenuto di acido oleico più elevato e comunque inferiore al 2 %.

Come sottoprodotto della spremitura si ottiene la sansa costituita dai residui dei semi e della polpa delle olive. La sansa contiene ancora una certa quantità di “olio”  che può essere estratto con solventi organici e, dopo raffinazione e miscelazione con una minima percentuale di olio vergine, può ancora trovare impiego alimentare sotto forma di olio di sansa di oliva che però è di valore inferiore alle altre categorie di olio di oliva.

Le olive dovrebbero essere sottoposte ai processi estrattivi (molitura, premitura o centrifugazione ecc.) non appena raccolte; in questo modo si evitano una serie di fenomeni fermentativi che portano alla formazione di alcol etilico ed alcol metilico ed enzimatici che causano un aumento di acidità ed eventualmente di ossidazione. Se le olive vengono lasciate “fermentare”, si verificano delle reazioni tra alcoli e acidi grassi con la formazione di alchilesteri che possono poi passare nell’olio rivelandone analiticamente la qualità inferiore rispetto ad un olio vergine. Una piccola quantità di alchilesteri è comunque sempre presente nell’olio di oliva e per questo motivo l’UE ha deciso di stabilire un limite massimo tollerabile di 75 mg/Kg di olio. Un olio extravergine di oliva può comunque considerarsi ottimo se gli alchilesteri sono inferiori a 30 mg/Kg.

Un altro parametro molto importante che però non viene preso in considerazione dalla vigente regolamentazione, è il contenuto in “biofenoli” che comprendono anche il tocoferolo e che hanno le citate proprietà “antiossidanti”. La loro concentrazione varia da 40 a 900 mg per ogni Kg; ovviamente i migliori oli sono quelli che ne hanno il contenuto mediamente alto, mentre quelli che ne contengono di meno (intorno ai 40 mg/Kg) sono qualitativamente inferiori. Tra i polifenoli, alcuni contribuiscono a conferire  all’olio e.v. (unico nel quale sono presenti in quantità rilevanti perché non fortemente abbattuti dai processi di raffinazione) caratteristiche come il gusto di fruttato oltre che di amaro e piccante e che, se non eccessivamente rilevabili, costituiscono un pregio. Inoltre offrono il vantaggio di costituire una difesa dell’olio stesso dalla ossidazione. E’ noto che parte dell’olio extravergine di oliva venduto in Italia proviene da frutti prodotti in altri Paesi del Mediterraneo. Le ragioni di questa importazione sono soprattutto di carattere economico in quanto i costi di produzione delle olive e dell’olio sono più bassi che in Italia.

La qualità degli oli di importazione dipende dalle modalità e dalla durata dei tempi di conservazione delle olive prima della spremitura e dalle tecnologie utilizzate per la stessa; tuttavia le industrie olearie sono in grado di migliorare alcuni aspetti organolettici e quindi trasformare oli leggermente difettosi in un  prodotto accettabile dal consumatore. In questo modo è possibile mettere in vendita un olio extravergine di oliva in regola con i parametri previsti dalle Norme UE a prezzi anche molto bassi ma qualitativamente scadente.

L’olio d’oliva interamente prodotto in Italia è sicuramente sottoposto a controlli lungo l’intera filiera di produzione; la stessa cosa non si può dire dell’olio di importazione in cui sono controllati soltanto la trasformazione industriale e l’imbottigliamento ricordando tuttavia che qualsiasi prodotto di importazione, se ufficializzato, deve rispondere a determinati requisiti normativi.

Per il consumatore è molto difficile discernere tra l’olio extravergine di oliva di produzione nazionale e quello di importazione (tuttavia la legge sull’etichettatura impone oggi chiarezza anche su questo aspetto). Un parametro potrebbe essere il prezzo, ma non si può ignorare che spesso, soprattutto la grande distribuzione, pratica dei forti sconti ed usa l’olio di oliva come “specchietto per allodole” per indurre i consumatori ad acquistare anche altri prodotti. E’ comunque certo che l’olio extravergine di oliva che si trova in commercio sotto questa dicitura rispetta i parametri imposti dalla normativa comunitaria, ma non si può essere certi del contenuto dei biofenoli che possono dare un valore aggiunto a questo prezioso alimento.

Roma, 23 febbraio 2012

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