I residui degli ormoni anabolizzanti nelle carni: ancora un problema?

Agostino Macrì
31 Gennaio 2012
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Il problema dei residui degli ormoni nelle carni è sorto intorno agli anni ’50 quando si scoprì che era possibile castrare gli animali maschi somministrando loro il potente estrogeno di sintesi Dietililstilbestrolo (DES) ottenendo i capponi. Vennero fatti anche studi con gli ormoni androgeni, estrogeni e progestinici naturali e venne dimostrato che la loro somministrazione favoriva in modo significativo la crescita degli animali il cui peso poteva aumentare anche del 10-20 %.

I migliori risultati si ottenevano iniettando gli ormoni per via intramuscolare ed era inevitabile la presenza di loro residui nelle carni. Subito se ne accertò l’elevata pericolosità, soprattutto per i bambini, perché causavano gravi danni nei caratteri sessuali secondari quali telarca precoce nelle bambine e ginecomastia anche nei maschi. Allora la regolamentazione in merito all’impiego di sostanze chimiche negli allevamenti non era molto avanzata e non erano rari i casi in cui venivano utilizzati in modo disinvolto i farmaci inclusi gli ormoni negli animali. Proprio in assenza di una normativa specifica, già nel 1964 il Ministero della Sanità italiano emise un provvedimento che proibiva non solo il trattamento con sostanze ormonali, ma anche di detenerle. Contemporaneamente è stato avviato un intenso programma di controlli e gli allevatori che contravvenivano alla legge venivano sanzionati penalmente. Purtroppo i metodi per cercare i residui non erano molto sensibili ed alcuni allevatori ne hanno approfittato (soprattutto nei primi tempi) ed hanno continuato nell’illegalità; anche se non era molto facile riuscire a determinare la presenza di residui era però possibile verificare al macello le presenza di lesioni a carico dell’apparato genitale negli animali eventualmente trattati. In presenza di queste lesioni le carni dovevano essere escluse dall’alimentazione umana.

In altri Paesi, ed in particolare gli USA, l’impiego degli ormoni è stato invece consentito e lo è tuttora, anche se vengono adottate severe misure cautelative per evitare la presenza di residui come la macellazione degli animali dopo molto tempo dal trattamento e l’asportazione della zona in cui è stata fatta l’iniezione. Le preparazioni ormonali sono piuttosto costose ed una loro applicazione è conveniente negli animali di grossa taglia, bovini in particolare, mentre non comporta vantaggi nei piccoli animali come i polli in quanto il costo del trattamento non viene ammortizzato. La ricerca scientifica ha consentito di sviluppare nuove sostanze ad attività ormonale anabolizzante, ma nello stesso tempo sono stati messi a punto metodi di analisi molto sensibili che consentono di individuare le presenza di residui di ormoni a concentrazioni dell’ordine dei microgrammi per ogni kg di carne (parti per miliardo). Da almeno quindici anni le strutture pubbliche (Servizi Veterinari delle ASL, Carabinieri dei NAS, Istituti Zooprofilattici Sperimentali in particolare) sono stati quindi messi in grado di controllare agevolmente  le carni  immesse in commercio e di assicurarne la salubrità per quanto riguarda anche il pericolo di presenza di residui di ormoni anabolizzanti. Gli stessi allevatori si sono resi conto del danno che poteva essere arrecato ai cittadini ed anche al danno di immagine della carne e quindi in molti casi si sono dati dei disciplinari di produzione che garantiscono la completa salubrità dei loro prodotti ed i macellai hanno la possibilità di acquistare soltanto carni sicure. Le principali catene di distribuzione degli alimenti impongono ai loro fornitori il rispetto di rigorose norme di produzione ed hanno dei loro ispettori che vanno a verificare le modalità di conduzione degli allevamenti.

Ogni anno in tutti i Paesi dell’UE vengono attuati dei piani per il controllo di residui di ormoni nelle carni degli animali ed i dati disponibili per l’Italia dimostrano che il pericolo è praticamente scomparso. Nell’opinione pubblica esiste ancora la convinzione che le carni degli animali possano contenere residui di ormoni e non sono i rari i casi di autorevoli “esperti” paventino questo pericolo. Emblematico è il caso di una nutrizionista che in una trasmissione radiofonica ha consigliato di non mangiare petto di pollo in quanto proprio in quel muscolo si concentrano gli ormoni somministrati agli animali. Ovviamente l’esperta non ha la più pallida idea di come si allevano i polli. Di esempi del genere se ne possono fare molti altri anche perché i luoghi comuni sono duri a morire.

In conclusione anche se nel passato ci sono state delle situazioni di pericolo si deve precisare che sono state causate da allevatori disonesti che hanno contravvenuto a norme di legge molto rigorose. Gran parte di questi allevatori sono stati sanzionati e molte partite di carni contaminate sono state bloccate e distrutte prima di essere immesse in commercio. I sistemi di controllo pubblico uniti a quelli di autocontrollo da parte degli allevatori  garantiscono con una ragionevole certezza che le carni immesse al consumo alimentare umana  siano prive del rischio della presenza di residui di ormoni anabolizzanti. Per essere maggiormente tranquilli si suggeriscono comunque delle elementari norme prudenziali che sono quelle di rivolgersi per gli acquisti esclusivamente ad esercizi commerciali legali  e di verificare l’origine delle carni. Si ricorda che per quelle bovine è obbligatoria una etichettatura  che ne consenta la tracciabilità. Anche per la altre carni i rivenditori normalmente ne conoscono l’origine e possono fornire utili indicazioni ai loro clienti. Rivolgendosi a canali di vendita illegali viene a mancare la garanzia che siano stati effettuati i controlli  richiesti ed i pericoli potrebbero essere anche piuttosto seri e non soltanto per la presenza di residui di ormoni, ma anche di altri contaminanti chimici e/o microbiologici.

Roma, 31 gennaio 2012

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