Pranzo di Pasqua “a distanza”?

Agostino Macrì
1 Aprile 2020
Condividi su

Quest’anno la Pasqua cade il 12 aprile e per quella data dovremo ancora rispettare le norme precauzionali per evitare la diffusione del Covid-19 e dovremo rinunciare di partecipare alle manifestazioni collettive e dovremo restare in casa.

Sarà anche impossibile mangiare nei ristoranti, negli agriturismi, nelle trattorie di campagna e delle località turistiche che normalmente nel giorno di Pasquetta sono prese d’assalto.

Dovremo quindi rassegnarci a passare le festività entro le mura domestiche con i familiari con i quali condividere i pasti.

 

Volenti o nolenti saremo costretti a tornare ai fornelli e a rispolverare le ricette della nostra tradizione rinunciando per qualche giornoalle lusinghe della cucina più o meno elaborata proposta nelle infinite e stucchevoli rubriche di cucina o nei libri scritti da personaggi autorevoli che fanno a gara a esprimere il loro “pensiero” su accostamenti enogastronomici frutto alle volte di elaborate ricerche e dilettantistici tentativi intorno ai fornelli.

I piatti tradizionali pasquali sono tutt’altra cosa. E variano anche nei diversi giorni della Settimana Santa.

Si passa dal digiuno rigoroso del Venerdì Santo, a quello moderato della Vigilia per poi arrivare al suntuoso pranzo pasquale dove le regole dietetiche sono completamente ignorate. Si chiude il lunedì dell’Angelo con la gita fuori porta dove la trasgressione della domenica prosegue.

I piatti tradizionali pasquali nascono dalla disponibilità delle materie prime che il primo periodo della primavera fornisce.

L’uovo è il vero re della Pasqua gastronomica. Ciò dipende dal fatto che le galline “ruspanti” dopo l’inverno, proprio in corrispondenza del periodo pasquale cominciano a deporre le uova e quindi se ne trovano in abbondanza.

L’uovo, oltre che come tale, lo troviamo come ingrediente in prodotti da forno dolci e salati, nella pasta (le tradizionali fettuccine), nella pastella in cui sono fritti i broccoli, i carciofi, il pesce, ecc.).

Nella tradizione contadina il maiale è da sempre stato una ricchezza alimentare straordinaria. Gli animali sono macellati in pieno inverno e le loro carni trasformate in salsicce, salumi, prosciutti, lonze, ecc. La maggior parte viene lasciata “maturare” per alcuni mesi. La prima a essere pronta è la “corallina” che si mangia a Pasqua.

Le bovine e le pecore trovano i pascoli con foraggi freschi e abbondanti; il latte che si ottiene assume un bel colore tendente al giallo per la presenza di carotenoidi, xantofille e altre benefiche sostanze naturali.

Proprio in funzione dei pascoli abbondanti le pecore vengono fatte partorire in prossimità dell’inizio della primavera in modo che possono dare latte agli agnelli che verranno poi sacrificati per i pranzi pasquali.

Sino ad alcuni decenni orsono in casa si preparavano i ciambelloni, gli arrosti, le pizze pasquali che poi, soprattutto nei paesi, si portavano dal fornaio o da qualcuno che avesse un forno a legna capiente, dove erano cotti.

Lentamente, ma inesorabilmente, queste abitudini sono scomparse, sia perché nelle nostre case sono disponibili forni a gas o elettrici, sia perché c’è sempre meno tempo per cucinare.

Sono poi intervenuti l’industria alimentare e gli artigiani che  hanno “copiato” molti prodotti tradizionali oppure ne hanno inventati degli altri come ad esempio la colomba che, di fatto, hanno oscurato o del tutto sostituito le cucine casalinghe.

 

L’attuale situazione che ci costringe in casa può favorire un recupero delle vecchie abitudini. Le materie prime (uova, farina, latte, carne di agnello, ecc.) sono ampiamente disponibili e l’unico problema è saperle gestire. Tempi di cottura sbagliati possono rendere il cibo poco gradevole e qualche volta anche meno sicuro; lo stesso può avvenire se gli ingredienti non siano dosati esattamente. Un classico sono gli alimenti sciapi o troppo salati.

Tutti siamo molto preoccupati dalla contaminazione “chimica” degli alimenti (residui di ormoni, di pesticidi, metalli pesanti, farmaci veterinari, ecc.) anche se al momento attuale sono pericoli praticamente inesistenti.

Quello di cui si tace con un assordante silenzio, è il pericolo di una carente gestione igienica del cibo che può dare origine a tossinfezioni alimentari. Un dolce con crema o altri alimenti “deteriorabili”, se lasciati per alcune ore a temperatura ambiente possono contaminarsi con microrganismi potenziali causa di tossinfezioni alimentari. E’ quindi bene utilizzare in modo adeguato il frigorifero e/o il congelatore per la conservazione. Prevenire le tossinfezioni alimentari è sempre molto importante; maggiormente in questo periodo perché un semplice malanno potrebbe essere confuso con un’infezione da Covid-19 e alimentare paure non giustificate.

A tale proposito si segnala che sono stati segnalati diversi focolai d’infezioni da Norovirus provocati dal consumo di ostriche vive francesi contaminate. Chi volesse mangiarle faccia molta attenzione.

Rimane da parlare dell’impossibilità di avere dei pranzi conviviali che sono poi l’essenza delle giornate di festa. Possiamo consolarci con la tecnologia (o almeno provarci). Perché non piazzare uno schermo in sala da pranzo e collegarci via skype o altro mezzo con i nostri parenti e amici che si trovano in altro luogo?

Condividi su: