Il nostro futuro è il digiuno?

Agostino Macrì
13 Dicembre 2017
Condividi su

Una delle maggiori preoccupazioni dei cittadini, riguarda la presenza di residui di sostanze chimiche (farmaci veterinari, pesticidi, metalli pesanti, ecc.) nei nostri alimenti. Pochi si rendono conto che insieme ai carboidrati, i grassi, le proteine, i sali minerali, nel nostro cibo ci sono centinaia se non migliaia di sostanze chimiche naturali che in molti casi sono molto utili (vitamine e antiossidanti ad esempio) e in altri hanno una attività tossica (veleni dei funghi, cianuri nelle mandorle amare, nitrati nei vegetali freschi, alcol etilico, ecc.). Fortunatamente le quantità dei “veleni naturali” presenti negli alimenti sono molto basse e difficilmente provocano danni seri ai consumatori.

Gran parte di questi veleni si trovano negli alimenti di origine vegetale poiché le piante per “difendersi” dai loro aggressori dispongono di sostanze chimiche naturali con attività antibiotica, insetticida, repellenti, ecc.

Un aspetto scarsamente preso in considerazione è che durante i processi di cottura le migliaia di sostanze presenti negli alimenti sia di origine animale, sia di origine vegetale reagiscono tra loro originando altre migliaia di sostanze di cui sappiamo veramente poco.

Per quelle di cui si hanno maggiori informazioni gli organismi scientifici  (EFSA, IARC, JECFA) fanno delle valutazioni dei rischi che, ovviamente, rendono pubbliche.

A questo punto intervengono i media che trasferiscono le informazioni ai cittadini, ma non sempre in modo corretto. Un caso tipico è quello degli idrocarburi policiclici aromatici che si formano in tutti gli alimenti cotti a diretto contatto con la fiamma, ma che hanno permesso di demonizzare soltanto la carne rossa cotta alla brace. Altro caso è quello dei glicidolesteri che si formano in tutti i grassi quando sono portati ad alta temperatura, ma è stato demonizzato solo l’olio di palma.

Recentemente, anche se in un modo non molto clamoroso, tra le sostanze riconosciute potenzialmente pericolose presenti negli alimenti sono entrati i furani. Essi (si cita testualmente l’EFSA) si formano a partire da una molteplicità di sostanze naturalmente presenti negli alimenti, come  la vitamina C, i carboidrati, gli amminoacidi, gli acidi grassi insaturi e i carotenoidi. Le condizioni di cottura o trasformazione contribuiscono a determinare quanto furano si forma e si perde (principalmente per evaporazione), e quanto ne è presente al momento di consumare i cibi”.

Gli esperti dell’EFSA hanno valutato la pericolosità dei furani esaminando la documentazione scientifica esistente pubblicando un rapporto di alcune decine di pagine zeppe di dati e di considerazioni e sono giunti alla conclusione i furani sono cancerogeni anche se:

 In che modo il furano possa causare il cancro negli animali non è ben chiaro. Dal momento che il gruppo di esperti non poteva escludere che ciò potrebbe essere dovuto a una diretta interazione con il DNA, non siamo stati in grado di fissare un limite di sicurezza, la cosiddetta dose giornaliera tollerabile. Abbiamo invece calcolato un ‘margine di esposizione’.”

E’ comunque interessante rilevare che l’EFSA ritiene che un consumo “medio” di alimenti contenenti furani non crea particolari preoccupazioni. Il problema potrebbe essere il caffè. Si dice pure che i furani sono volatili (probabilmente contribuiscono all’aroma) e si capisce che il caffè “tradizionale” è più sicuro di quello delle macchinette (cialde o capsule). Siccome i furani si formano facilmente anche nei cibi cotti per i bambini si raccomanda di favorire l’evaporazione.

Nonostante che i furani siano potenzialmente pericolosi, fortunatamente non se ne è parlato in toni allarmistici.

Sarà forse perché il caffè e una bevanda abbondantemente consumata e che gli interessi economici sono così importanti che non si possono nemmeno sfiorare ?

Un fatto però è certo: se tutte le sostanze che assumiamo con gli alimenti venissero valutate in base alla loro pericolosità non ci resterebbe altro che smettere di mangiare.

L’unico pericolo è quello di fare la fine dell’asino di Buridano.

Condividi su: