Le valutazioni dell’Efsa riguardano solo l’olio di palma?

Agostino Macrì
11 Maggio 2016
Condividi su
L’EFSA è stata incaricata di valutare i rischi correlati ad alcune sostanze che si formano a seguito di trattamenti termici degli oli vegetali dell’ordine  dei 200 °C. I loro nomi chimici sono “esteri glicidici degli acidi dei glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e loro esteri degli acidi grassi”. Dai dati riportati risulta che le quantità più importanti sono presenti nell’olio di palma, seguito da altri prodotti come la margarina, la salsa di soia ed anche altri alimenti cotti ad alte temperature. La valutazione è stata fatta tenendo conto delle informazioni scientifiche disponibili ed in particolare dei risultati ottenuti alcuni studi tossicologici in vivo (su topi e ratti) ed in vitro. Secondo il Comitato di esperti dell’EFSA, per una delle sostanze valutate (glicidolo) esistono delle evidenze che sia cancerogena, tuttavia i dati a disposizione non sono stati sufficienti per poter esprimere un parere conclusivo e per questo motivo sono stati richiesti nuovi studi. Come è noto l’EFSA si limita alla valutazione del rischio e della sua comunicazione; la “gestione” del rischio è invece competenza delle  Autorità nazionali e comunitarie che debbono definire le misure da adottare per minimizzare o eliminare del tutto i potenziali danni ai consumatori. In pratica adesso la palla è passata alla Commissione della UE che dovrà prendere delle decisioni, ma La situazione è complicata perché si tratta di contaminanti da processo presenti in diversi alimenti e non soltanto nell’olio di palma. Anche se in quest’olio si raggiungono concentrazioni anche decine di volte superiori Si tratta poi di una situazione analoga a quella di altre sostanze cancerogene derivanti da processi di cottura, come l’acrilamide che si forma durante la frittura o gli idrocarburi policiclici aromatici che si formano con il contato diretto del cibo  (carne, pesce, verdure ecc. alla brace) e per le quali non risulta che siano state prese delle misure cautelative. Per altre sostanze cancerogene presenti negli alimenti (aflatossine e policlorobifenili in particolare) sono stati invece fissati dei limiti di tolleranza negli alimenti. Ritornando al “glicidolo” una misura che appare semplice da adottare, è quella di imporre alle aziende alimentari di utilizzare soltanto oli vegetali che ne siano privi. Le aziende interessate dovranno ovviamente sviluppare delle procedure che consentano di evitarne la presenza. Esiste però il pericolo della formazione durante la cottura del cibo contenente oli vegetali. Questo aspetto meriterebbe una ulteriore valutazione in modo da fornire ai cittadini delle informazioni su come “gestire” il cibo per prevenire i pericoli derivanti dai processi di cottura cui si è accennato in precedenza. E’ nostro diritto di esigere dai produttori e venditori di alimenti la massima garanzia di salubrità. Dobbiamo però renderci conto che nei nostri alimenti sono spesso presenti delle insidie la cui gravità dipende molto anche dai nostri comportamenti e non solo nell’acquisto del cibo.
Condividi su: