La lotta agli sprechi inizia dal packaging

Agostino Macrì
1 Luglio 2016
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Acqua senza bottiglia, birra senza lattina, pasta senza pacco, latte senza cartone, burro senza carta. E dentifricio senza tubetto, crema senza vasetto, detersivo senza fustino, alcool senza flacone, medicine senza blister. Fare una spesa così è una missione impossibile così come il sogno di vivere interamente a “impatto zero”. Ma qualcosa si può comunque fare, a cominciare dal conoscere meglio gli imballaggi che utilizziamo nella nostra vita quotidiana e che troppo spesso vengono “demonizzati”, ignorando la loro funzione etica.  

PERCHE’ IL PACKAGING

Se partiamo dal presupposto che senza packaging nessun alimento potrebbe essere trasportato, nemmeno per pochi chilometri, (e quindi nessun prodotto potrebbe viaggiare via nave, treno, tir o aereo) potremmo dire che senza imballaggio non esisterebbero neppure i prodotti industriali. Possiamo quindi affermare che il packaging rappresenta l’anima del commercio e, anche se può sembrare paradossale ammetterlo, svolge anche una funzione “ambientale”: l’imballaggio, infatti, ha il potere di allungare la vita dei generi alimentari. Se non ci fosse il packaging non potremmo tenere pasta, riso e pelati di scorta per tanto tempo. La pasta fresca andrebbe a male dopo due o tre giorni, i salumi si ossiderebbero nel giro di qualche ora, il caffè si conserverebbe un mese al massimo. Da quando l’uomo ha cominciato a considerare gli alimenti non solo come la fonte primaria di sostentamento, ma anche come una possibile fonte di “guadagno”, intendendo quindi lo scambio commerciale come opportunità, ha dovuto trovare un “contenitore adeguato” con l’obiettivo di mettere a punto sistemi sempre più efficaci in grado di contenere gli alimenti, proteggerli dalle aggressioni esterne, conservarli nel tempo e nello spazio, spostarli dal luogo di produzione a quello di vendita e consumo e assicurare che un bene arrivi nelle mani del suo utilizzatore finale in buone condizioni, che generi meno rifiuti e sprechi possibili. Questo è il primo proposito del buon pack.  

IL VALORE DEL PACKAGING

E’ proprio sulla questione della corretta conservazione dei prodotti e del contrasto agli sprechi alimentari che il packaging trova il suo valore etico. La stessa Fao ha messo in chiaro che “pressoché ad ogni stadio della catena alimentare, lo spreco può essere ridotto utilizzando un packaging appropriato” ed ha infatti stimato che tra le cause della perdita di cibo nei Paesi in via di sviluppo c’è la mancanza di un “impacchettamento” adeguato e carenze nella catena del confezionamento. L’industria del packaging globale può contribuire inoltre a garantire la sicurezza alimentare e a migliorare il commercio mondiale di generi alimentari, che è la chiave per lo sviluppo di molte economie. Nei Paesi in via di sviluppo, pesce, carne, frutta e verdura vengono ancora trasportati nella carta dei giornali. Il pack è, quindi, fondamentale nelle filiere agricole e alimentari, soprattutto laddove la percentuale di perdite alimentari è superiore al 60%. Non è un caso che l’Istituto Italiano Imballaggio abbia definito il packaging come “lo strumento che rende disponibile un prodotto nello spazio e nel tempo, svolgendo le funzioni di contenerlo, proteggerlo, conservarlo (e/o preservarlo) e presentarlo, ma è anche l’attività di integrare temporaneamente una o più funzioni esterne al prodotto per renderlo fruibile nelle modalità desiderate dall’utilizzatore”.  

IL PACKAGING CONTRO SPRECHI E PERDITE ALIMENTARI

Nel 2011 la FAO ha realizzato lo studio “Global food losses and food waste” con l’intento di quantificare la perdita globale di cibo nel mondo ed è emerso che le perdite di alimenti sono presenti in tutti i Paesi. Si manifestano nella fase che intercorre tra la produzione e la distribuzione soprattutto laddove c’è una mancanza di tecnologie per la trasformazione, la conservazione dei cibi e le tecnologie di packaging. Nei Paesi come il nostro, invece, lo studio stima che le perdite nella fase che intercorre tra la produzione e la distribuzione sono minori grazie all’utilizzo di packaging in grado di conservare e trasportare adeguatamente il prodotto. Nei Paesi occidentali c’è ancora margine per investire in tecnologie di packaging soprattutto a livello “conservativo” inteso come la capacità dell’imballaggio di estendere la “shelf life” del prodotto, questo perché diversamente da ciò che avviene nei Paesi in via di sviluppo, dove le perdite nella fase del consumo sono in sostanza nulle, nei Paesi come il nostro le perdite maggiori avvengono nella fase del consumo. In questo caso si tratta di vero e proprio spreco alimentare: in Italia, circa il 50% dello spreco generato nell’intera filiera agroalimentare avviene tra le mura domestiche.  

VERSO UN PACKAGING SEMPRE PIU’ PERFORMANTE

Il packaging è, dunque, elemento fondamentale per prevenire le perdite alimentari e lo spreco di cibo e per estendere i tempi di conservazione degli alimenti. La vita di un prodotto alimentare è strettamente correlata alla sua deperibilità in un determinato ambiente, poiché gli agenti esterni incidono sulle caratteristiche organolettiche che rendono fruibile un prodotto alimentare. Il packaging, assieme ad altre tecnologie, permette in genere di contrastare l’effetto degli agenti ambientali e, in alcuni casi, crea un micro ambiente a contatto col prodotto. Infatti, può agire come barriera evitando il contatto del prodotto con i gas, con la luce, con il vapore acqueo permettendo al prodotto alimentare di mantenere le sue caratteristiche per un tempo superiore a quello che trascorrerebbe se il prodotto fosse esposto all’ambiente senza il packaging. Inoltre, esistono gli imballaggi che interagiscono col prodotto, detti packaging attivi”, che permettono in genere di ottenere un ulteriore allungamento della vita del prodotto. E ancora, ci sono i packaging intelligenti” che, ad esempio, permettono di leggere maggiori informazioni sul prodotto con il telefonino. Infine, l’obiettivo già ora è quello di realizzare imballaggi sempre più performanti ma con sempre meno materiale, riutilizzabili quando possibile, sempre più riciclabili o bruciabili con recupero dell’energia utilizzata per produrli o destinati a diventare compost.
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