Il paradosso di consumare olio italiano… che non c’è

Agostino Macrì
5 Dicembre 2014
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In questi giorni si parla molto dei guai che hanno afflitto i nostri oliveti e che hanno portato a una drastica riduzione della produzione italiana dell’olio extravergine di oliva. I dati, anche se non del tutto univoci, parlano della riduzione di almeno un terzo rispetto agli anni precedenti, ma alcuni dicono che ben oltre il 50% della produzione nazionale è andata perduta a causa della “mosca” e delle avverse condizioni climatiche. È comunque noto che, anche nelle annate favorevoli, l’olio italiano prodotto non era sufficiente a coprire i fabbisogni nazionali e delle esportazioni. Bisogna aggiungere che per avere la certezza di consumare olio italiano la sola possibilità è quella di acquistare quello a Denominazione di Origine Protetta (DOP), quello di Origine Geografica Protetta (IGP) o quello biologico certificato. La differenza tra l’olio di produzione industriale e quelli DOP e IGP consiste essenzialmente in una maggiore presenza di vitamine ed antiossidanti in questi ultimi. Infatti i processi di trasformazione industriale, pur lasciando inalterato il valore nutrizionale dei grassi, comportano una perdita anche importante dei micronutrienti sopra citati. Peraltro tutti gli oli extravergini di oliva in commercio possiedono le caratteristiche richieste dall’Unione europea, che non menziona minimamente le vitamine e gli antiossidanti tra i componenti. Bisogna aggiungere che i processi di lavorazione industriali consentono di eliminare molti difetti, ma soprattutto di rendere sicuri gli oli. Ovviamente la qualità degli oli DOP e IGP comporta un prezzo decisamente più elevato rispetto agli oli industriali; paradossalmente quindi gli oli di maggiore qualità stentano ad essere venduti, mentre quelli “commerciali” sono più facilmente assorbiti dai mercati. Questa situazione mette in difficoltà i nostri produttori di oli DOP e IGP. Una strategia messa in atto per fronteggiare la concorrenza è quella di denunciare con veemenza l’importazione di olio “straniero” lasciando intendere che è meno sicuro. Purtroppo però la nostra produzione è nettamente insufficiente per far fronte alla richiesta dei circa 12 kg di olio a persona l’anno, e anche senza le criticità di quest’anno, l’importazione diviene una necessità ed è sbagliato dire che si tratta di alimenti pericolosi. Sarebbe forse meglio dire con grande chiarezza che tutto l’olio presente nei commerci “legali” (negozi e supermercati autorizzati) è privo di pericoli sanitari, indipendentemente dalla sua origine geografica. Si deve anche aggiungere che i DOP gli IGP e gli oli biologici hanno un valore qualitativo aggiunto e per questo hanno un prezzo più elevato. Sarà poi il consumatore correttamente informato e in base alle proprie disponibilità finanziarie a fare le scelte più adatte a lui e alla sua famiglia. Esiste infine la possibilità che il nostro Paese intensifichi le piantagioni degli olivi, ma non sembra che esista la volontà politica e forse anche imprenditoriale di riuscire ad avviarci ad una autosufficienza produttiva. Ma in tali condizioni la tecnica del piagnisteo e delle sterili denunce serve a ben poco. (Agostino Macrì, Fonte “Cibo e salute” de La Stampa del 4.12.2014)
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