Conviene scegliere gli alimenti “speciali”?

Agostino Macrì
13 Gennaio 2016
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Le esigenze alimentari non sono uniformi in tutta la popolazione, esistono, infatti, situazioni patologiche come la celiachia, l’intolleranza al lattosio o diverse allergie alimentari in cui il consumo di determinati alimenti può provocare reazioni molto gravi. Ci sono poi persone che per ragioni di carattere anche ideologiche (vegetariani e vegani in particolare) non consumano determinati cibi. L’industria alimentare ha fatto notevoli sforzi ed è riuscita a produrre alimenti in grado di andare incontro alle esigenze di gran parte delle persone che hanno dei problemi; spesso si tratta di alimenti che richiedono tecnologie di produzione con costi più alti delle tradizionali. Anche se i prezzi di vendita sono ovviamente superiori a quelli degli alimenti “convenzionali”, i profitti per le aziende produttrici e per i venditori sono modesti a causa del relativamente ristretto numero di acquirenti. Per cercare di ampliare le vendite vengono attuate delle strategie che certamente non vanno incontro agli interessi dei cittadini. Alcune aziende, ad esempio, stanno cercando di fare passare il messaggio che gli alimenti per i celiaci siano più sani e sicuri di quelli tradizionali e quindi è bene consumarli. In realtà questi alimenti sono senza glutine, che è una proteina di ottimo valore nutrizionale per le persone che non soffrono di celiachia; il loro consumo quindi porta benefici soltanto alle persone intolleranti ed è perfettamente inutile (oltre che molto costoso) per gli altri. Esistono poi persone intolleranti allo zucchero lattosio presente nel latte. Per andare incontro ai problemi alimentari di queste persone, il latte viene trattato con l’enzima lattasi  che “demolisce” lo zucchero e rende lo stesso latte idoneo al consumo per gli intolleranti. Anche in questo caso si sottrae un nutriente che è utile per le persone che non soffrono di intolleranze. E’ il caso di ricordare che il latte è soltanto quello prodotto dalle femmine dei mammiferi, tutti gli altri prodotti vegetali ottenuti da soia, mandorla, riso, ecc. non possono essere chiamati con il termine “latte”. In realtà nella maggior parte dei casi questi prodotti vengono chiamati “bevande” o altre dizioni similari. L’aspetto subdolo è rappresentato dal fatto che spesso sulle confezioni viene scritto “senza lattosio”. Si tratta di una dizione pleonastica e forse menzognera in quanto il lattosio è un componente soltanto del latte, mentre sembrerebbe che ci sia stato uno sforzo particolare per produrre le bevande vegetali. Altra tecnica truffaldina è quella praticata da alcuni esercizi commerciali che mettono in vendita tutte le bevande vegetali insieme a poche confezioni di latte in un unico scaffale cercando di influenzare l’acquirente. Qualcosa di analogo avviene per altri prodotti simili allo yogurt o al formaggio. Fonte di maggiore confusione è però quella di alimenti che vengono venduti con nomi che ricordano i prodotti carnei come, ad esempio gli “straccetti”, gli “hamburger” o le “bistecche” vegetali; spesso questi prodotti si trovano negli stessi scomparti della carne. Anche se le etichette per quanto riguarda la composizione e il valore nutrizionale sono corrette, il consumatore frettoloso o poco attento viene attratto dalla confezione “costruita” in modo accattivante e tale da attrarre l’acquirente per cui non è difficile confondere una crocchetta di pollo con una di soia. L’acquisto di alimenti vegetali è un diritto e deve essere rispettato, ma devono essere anche rispettati i diritti di chi vuole scegliere in piena libertà senza dovere essere subordinato agli interessi di chi vuole vendere ad ogni costo.
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