RESIDUI CHIMICI NEGLI ALIMENTI,CI SONO PERICOLI?

Agostino Macrì
15 Maggio 2023
Condividi su

Gli alimenti contengono numerose sostanze chimiche potenzialmente pericolose per la nostra salute. Soltanto una piccola parte derivano da trattamenti “intenzionali” con fitofarmaci nelle piante o con farmaci veterinari negli allevamenti. La maggior parte delle sostanze sono invece normalmente presenti e sono sia di origine naturale (biotiche), sia derivanti dalla contaminazione ambientale (xenobiotiche).

L’uso delle sostanze chimiche negli alimenti

L’uso intenzionale delle sostanze chimiche è regolamentato da norme che, se rispettate, ne garantiscono l’assenza di pericoli.

La stessa cosa non si può dire delle sostanze chimiche “biotiche” o “xenobiotiche” la cui presenza negli alimenti è praticamente inevitabile. Per garantire la sicurezza degli alimenti che li contengono è necessario definire dei “limiti” della loro presenza entro i quali non ci sono pericoli per i consumatori. La definizione di questi limiti è molto complessa perché non è sufficiente considerare le caratteristiche “tossicologiche” delle diverse sostanze, ma è necessario tenere conto della loro concentrazione “fisiologica”, la quantità di alimenti “contaminati” che sono assunti, a quale fascia di popolazione sono destinate.

L’elenco di questi contaminanti è relativamente contenuto: si tratta di metalli pesanti, diossine, idrocarburi policiclici aromatici, micotossine, contaminanti che si formano durante i processi di lavorazione, veleni vegetali. Però ognuna di queste categorie contiene decine di prodotti e, di fatto, l’elenco è lunghissimo.

Gli organismi scientifici della UE, ma anche dei singoli Stati, sin dalla loro costituzione si sono da sempre impegnati nella valutazione dei singoli contaminanti chimici e ne hanno definito i limiti nei vari alimenti e già nel 2006 è stato emanato Regolamento CE 1881 che ha fatto il punto alla situazione di allora. Le conoscenze scientifiche sui diversi contaminanti sono molto aumentate ed è anche aumentato il “fervore” legislativo per cui varie norme nazionali e comunitarie si sono “accavallate” tra loro e si è creata una certa confusione che, oltre a non garantire adeguatamente la sicurezza dei consumatori, è stata anche di ostacolo negli scambi commerciali.

 

Il Regolamento 915/2023

Per mettere ordine nella materia, la Commissione UE ha riconsiderato tutte le informazioni tecniche e scientifiche disponibili sui residui delle sostanze chimiche “involontarie” e ha prodotto il nuovo Regolamento UE 915/2023 “relativo ai tenori massimi di alcuni contaminanti negli alimenti” (GU UE del 25/4/2023).

 

Il Regolamento stabilisce dei principi molto importanti e tra questi:

  1. La produzione delle materie prime alimentari deve avvenire seguendo delle Buone Pratiche per evitare o quanto ridurre al massimo la presenza e/o la formazione di contaminanti. Ad esempio controllare le condizioni di umidità e di temperatura nelle produzione e la conservazione dei cereali per evitare la produzione di micotossine.
  2. Non è consentito “diluire” un alimento contaminato con un altro senza contaminanti o a più basso livello di contaminazione. Ad esempio se abbiamo una partita di latte contaminata con il Piombo, non possiamo aggiunge latte “pulito” per abbassare il livello di contaminazione
  3. Esistono alimenti prodotti localmente contaminati in modo superiore ai limiti previsti. In questi casi è possibile applicare delle deroghe e consumare ugualmente gli alimenti irregolari; questa misura è stata presa per tutelare alcune attività produttive che altrimenti dovrebbero chiudere E’ il caso del pesce pescato nel mar Baltico che contiene i Policlorobifenili (PCB) in quantità eccedenti i livelli consentiti che può essere comunque consumato dalle popolazioni locali. E’ pero necessario che i cittadini siano correttamente informati della deroga.
  4. I limiti sono molto severi per gli alimenti destinati alla prima infanzie che, in pratica, debbono esserne esenti.

 

L’elenco dei residui di sostanze chimiche e dei loro limiti negli alimenti

La parte più importante e applicativa del Regolamento, la troviamo nell’ Allegato I dove si trovano l’elenco delle categorie di residui di sostanze chimiche e dei limiti previsti per tutti gli alimenti che possono contenerli.

Si tratta di un elenco molto dettagliato e piuttosto complesso la cui lettura consente di capire quanto “residuo” di una specifica sostanza può essere presente nei diversi alimenti. Ad esempio i primo che troviamo sono le aflatossina; troviamo dettagliati i limiti per le arachidi, le nocciole, i fichi secchi, i singoli cereali, i pistacchi ecc.

La stessa cosa la troviamo per tutti gli altri contaminanti. Scorrendo l’allegato troviamo diverse cose che possono suscitare curiosità.

 

Gli organi di controllo

I limiti di sostanze in grado di trasformarsi in acido cianidrico sono diversi per i semi di lino (250 ng/kg), le mandorle amare (35 ng/kg) e i semi di albicocche (20ng/kg).

Per il piombo è previsto un limite di 0,10 mg per la frutta e la verdura, di 0,20 mg/kg per i frutti di bosco, di 0,30 mg/kg per i funghi coltivati e di 0,80 mg/kg per quelli “selvatici”.

Per l’ocratossina sono previsti dei limiti anche per il vino; tali limiti valgono per il vino prodotto a partire dalla vendemmia del 2005. Per quelli prodotti precedentemente  non ci sarebbero limiti.

Ci sono poi i nitrati la cui presenza ha dei limiti diversi per la lattuga coltivata in campo e quella in serra e che varia da 3000 a 5000 mg/kg anche in funzione del periodo dell’anno in cui viene raccolta.

Si tratta soltanto di alcuni esempi, ma leggendo in dettaglio il documento, di cui si invita a prendere visione, si capisce l’impegno che è stato profuso per predisporlo.

I destinatari più interessati sono sicuramente i produttori che debbono garantire il rispetto dei limiti indicati anche attraverso un loro sistema di autocontrollo. Ci sono poi gli organi di controllo pubblico che debbono fare le necessarie verifiche. Il tutto deve essere finalizzato a garantire i cittadini della sicurezza dei loro alimenti anche se non hanno la possibilità di controllare direttamente l’eventuale contaminazione chimica dei loro alimenti.

Condividi su: