Glifosate: dobbiamo diffidarne?

Agostino Macrì
8 Giugno 2016
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Il Glifosate è una sostanza chimica che uccide i vegetali con un meccanismo di azione molto efficace. Dopo essere stato assorbito dalle foglie penetra nell’interno della pianta impedendone la possibilità di utilizzare i sali minerali e provocandone la morte nello spazio di pochi giorni. Il trattamento con Glifosate  elimina quindi dal terreno tutti i vegetali; le piante da coltivare, successivamente seminate,  si trovano senza “competitori”, crescono meglio e danno maggiori rese produttive. Grazie alle tecniche OGM è stato possibile ottenere una soia resistente al glifosato; quindi sono stati possibili dei trattamenti diserbanti anche in presenza della pianta di soia con ulteriori vantaggi produttivi. Un altro uso che viene fatto è quello come “disseccante” delle piante, che consiste nell’accelerare i tempi di essiccamento della pianta facilitando la raccolta e accorciando i tempi di produzione. Viene anche usato in ambiente urbano per eliminare le erbe considerate infestanti. Il glifosate si degrada piuttosto velocemente; di conseguenza nei casi in cui viene utilizzato per eliminare le “erbacce” dai campi i problemi legati alla presenza di residui sono modesti. Diversa è la situazione quando viene impiegato come disseccante; in questi casi è relativamente più facile che nei semi siano presenti residui del glifosato. Un aspetto molto dibattuto è la pericolosità dell’erbicida per l’uomo. Lo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro che fa capo all’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha classificato il Glifosate come potenziale cancerogeno. Al contrario l’EFSA (Autorità Alimentare Europea) ritiene che non sia cancerogeno. La differente valutazione probabilmente dipende dal fatto che l’EFSA ha valutato il Glifosato come sostanza pura, mentre lo IARC ha valutato i “formulati” dove sono presenti anche altre sostanze potenzialmente pericolose. Sulla base delle valutazioni scientifiche le Autorità sanitarie devono prendere delle decisioni sulla possibilità  di continuare a utilizzare o meno il Glifosate. I cittadini però dovrebbero essere informati correttamente su quali siano i reali pericoli cui possono andare incontro. Un aspetto fondamentale è che i residui di Glifosate negli alimenti sono molto contenuti se non del tutto assenti e di conseguenza gli eventuali pericoli sono modesti. Diversa è la situazione per le persone che per ragioni di lavoro sono esposte direttamente al glifosate e che ovviamente possono subire i danni provocati dalla sostanza. In questi casi è necessario adottare misure protettive precauzionali. Il danno vero è quello ambientale poiché, di fatto, il trattamento con glifosate provoca la distruzione delle piante nelle aree interessate con danni importanti agli ecosistemi. Ciò vale non soltanto per le aree coltivate, ma anche per le zone urbane, dove, per eliminare le “erbacce”, di fatto si eliminano anche altri esseri viventi che con esse si trovano in equilibrio. Ancora una volta si tutela in modo molto attento la sicurezza degli alimenti, ma si trascura la salute dell’ambiente in cui ci troviamo. Giustamente ci preoccupiamo di mangiare cose sane; però pensiamo che distruggere le “erbacce” ai bordi delle strade o nei nostri giardini irrorandoli con erbicidi, oppure trattare intere aree con insetticidi per uccidere le zanzare o le mosche sia un’ ottima cosa. Forse un minimo di educazione ambientale, oltre a quella alimentare, non guasterebbe.
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