LA BRUCELLOSI FA ANCORA PAURA?

La brucellosi è una zoonosi, ovvero una malattia infettiva che si può trasmettere dagli animali all’uomo e viceversa. È provocata da batteri chiamati brucelle in onore del nome del suo scopritore, il medico australiano David Bruce che le isolò nel 1887
Negli animali si manifesta con patologie a carico soprattutto del sistema riproduttivo: nelle femmine può provocare aborti e ritenzione placentare mentre nei maschi si possono avere orchite ed epididimite.
Nell’uomo può dare origine a febbre elevata (nella fase acuta), artralgie, sudorazione intensa, splenomegalia ed epatomegalia. La brucellosi umana è anche caratterizzata da febbre intermittente corrispondente alla immissione nel circolo sanguigno delle brucelle.
La brucellosi in passato
Un tempo la malattia era diffusa anche tra gli esseri umani ed ogni anno colpiva migliaia di persone. Era anche considerata malattia professionale per la possibilità di essere contratta per contatto diretto con gli animali ammalati; e i veterinari e gli allevatori erano le categorie maggiormente esposte. La maggioranza delle persone però si ammalava attraverso il consumo di latte infetto non sterilizzato ed anche latticini ottenuti con latte infetto.
Si trattava di una grave piaga sociale che però con il tempo, nel nostro Paese è stata praticamente debellata nell’uomo tanto che attualmente si registrano una decina di casi l’anno. La malattia è stata fortemente ridotta anche tra gli animali anche se purtroppo si registrano ancora dei “focolai” in Sicilia tra le pecore e in Campania (provincia di Caserta) tra le bufale.
La situazione nel casertano
La situazione nel casertano è quella che desta maggiori preoccupazioni perché mentre in un primo tempo la malattia, come nelle altre Regioni italiane, era quasi scomparsa e soltanto poco più del 1% dei capi bufalini risultavano “positivi”, successivamente ha ripreso vigore tanto che attualmente la percentuale degli animali “positivi” ha superato abbondantemente il 10 %.
Le cause che hanno portato a questa situazione sono oggetto di animati dibattiti tecnici, scientifici e politici e riguardano le misure che sono state intraprese per “eradicare” la brucellosi. Prima gli animali venivano vaccinati, successivamente, applicando un Regolamento Europeo, la vaccinazione è stata interrotta e come metodo di prevenzione, è stato applicato lo “stamping out” che consiste nell’abbattimento e l’eliminazione dei capi risultati positivi e anche di quelli presenti nella stessa stalla.
Il piano di intervento contro la brucellosi
Tale misura drastica ha comportato la necessità di chiudere diversi allevamenti e ovviamente l’interruzione della produzione di latte. Agli allevatori colpiti da questa misura è stato riconosciuto un risarcimento, ma lungaggini burocratiche hanno rallentato gli indennizzi. In ogni caso le carni degli animali abbattuti non presentano pericoli e possono essere utilizzate per l’alimentazione umana.
A fronte del gravoso impegno di “drastica” prevenzione, purtroppo, come accennato, la brucellosi ha continuato a diffondersi e a questo punto si è aperto un dibattito molto acceso che ha coinvolto le strutture sanitarie locali, i Ministeri competenti, le Autorità Regionali e anche il nostro Parlamento; il tutto condito dall’intervento dei media che non hanno molto contribuito a rasserenare gli animi.
Senza entrare in dettagli tecnici, la situazione attuale vede gli allevatori casertani impegnati nella richiesta della ripresa delle vaccinazioni e di una loro maggiore responsabilizzazione della gestione delle loro aziende con un sistema di autocontrollo; dall’altra le Autorità Sanitarie che sono “vincolate” dalle norme Comunitarie che non consentirebbero una ripresa delle vaccinazioni. La speranza è che si raggiunga presto un accordo soddisfacente che ponga fine a questa situazione che sta fortemente penalizzando la zootecnia casertana.
E il consumatore?
Si ribadisce che i pericoli possono derivare prevalentemente dal contatto con gli animali ammalati e al momento potrebbe essere confinato agli addetti ai lavori. Un’insidia per i consumatori è rappresentata dai prodotti derivati dal latte degli animali infetti.
Tuttavia la temperatura che si raggiunge durante i processi di caseificazione è sufficiente per eliminare le brucelle eventualmente presenti. Qualche pericolo può venire dalla produzione artigianale della ricotta in quanto, verso la fine del processo, si aggiunge del latte fresco che, se contaminato da brucelle, potrebbe rendere pericoloso il prodotto finito. Infine ricordiamo che nella malaugurata ipotesi di ammalarsi di brucellosi, esiste la possibilità di efficaci cure antibiotiche che però possono essere fatte soltanto sotto rigoroso controllo medico.
Lei ha un’immagine distorta della brucellosi bufaline. Intanto la Brucella abortus non è così pericolosa per l’uomo come la melitensis infatti in Italia sono rarissime le segnalazioni e tutte di scarsa importanza. I latti degli animali infetti possono essere sanati perchè trattati con doppia termizzazione prevista peraltro dai disciplinari. La bufala in base alle ricerche pubblicate su riviste impattate può guarire e superare la fase di latenza. La vaccinazione di tutti i soggetti dell’azienda è l’unica soluzione auspicata dalla comunità europea che in questo concede facilmente deroghe.
Peraltro, il problema della diffusione e del suo successivo controllo è legato.alla prima fase silente della malattia che permette la trasmisdione selvaggia del germe nell”ambiente e nel latte. Poi gli isolamenti post mortem anche se del 10 per cento non confermano niente ma dimostrano quanto sapevamo: la bufalo può guarire gli esami indiretti non sempre dimostrano presenza del germe, ma soprattutto il suo passaggio. Per mio consiglio non ascolti sempre l’ufficialità delle certezze politiche che difendono soli gli interessi di parte, ma le certificate verità scientifiche pubblicate su riviste altamente impattate e dall’OIE.
Dr. Fenizia per prima cosa La ringrazio del suo commento che mi permette di meglio chiarire quello che ho scritto. Come avrà ben capito l’articolo ha un carattere divulgativo e il mio scopo è quello di sensibilizzare al problema della brucellosi le persone che lo conoscono soltanto per sentito dire e spesso in modo fuorviante. Le assicuro di avere una immagine ben precisa (e non distorta come Lei asserisce) della brucellosi bufalina. Nell’articolo non potevo addentrarmi sulle differenze tra la B.abortus e la melitensis; avrei dovuto molto dilungarmi con spiegazioni tecniche che probabilmente non sono di molto interesse per i cittadini. Ho spiegato succintamente, ma penso in modo chiaro, che non ci sono problemi sanitari nel consumo della mozzarella di bufale e che in ogni caso la brucellosi umana è praticamente scomparsa in Italia. Ho detto, sempre in modo sintetico, ma spero efficace, che esiste un problema della brucellosi bufalina in Provincia di Caserta e che si sta lavorando per risolverlo. Non sono volutamente entrare nei dettagli tecnici per evitare di creare confusione. Ai cittadini interessa che la brucellosi venga eradicata sia per evitare qualsiasi rischio sanitario, sia per mantenere in vita gli allevamenti bufalini; ho voluto dire che il problema esiste e che ancora non è stato risolto. Lei sa molto bene che ci sono diversi punti di vista su come risolverlo e che ognuno ha le sue ragioni; a me sembra che il problema da squisitamente tecnico e scientifico ha assunto anche i connotati politici e che la risoluzione dei contrasti esistenti in tale contesto sia fondamentale per porre fine alla vicenda. Infine volevo dirLe che leggo e ascolto tutto e difficilmente mi lascio condizionare.