L’acrilammide: un contaminante naturale che richiede attenzione da parte di tutti nella “gestione” del cibo

Agostino Macrì
14 Marzo 2018
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Il prossimo 11 aprile 2018 entrerà in vigore il Regolamento 2017/2158 della Commissione UE sui limiti di acrilammide negli alimenti. Si tratta di una sostanza chimica “naturale” che si forma per reazione tra l’amminoacido asparagina e gli zuccheri quando gli alimenti vengono cotti a temperatura superiore ai 120°C e con un basso livello di umidità. Il pericolo della formazione riguarda quindi prevalentemente gli alimenti ricchi di amidi (cereali e patate in particolare, ma anche il caffè) quando vengono fritti oppure cotti al forno.

Sulla pericolosità della sostanza si è pronunciata l’EFSA che senza mezzi termini afferma:

“Le prove ricavate da studi su animali mostrano che l’acrilammide e il suo metabolita, la glicidammide, sono genotossiche e cancerogene: danneggiano cioè il DNA e provocano il cancro. Le prove desunte da studi sull’uomo che l’esposizione alimentare all’acrilammide provochi il cancro sono invece limitate e poco convincenti. Poiché l’acrilammide è presente in un’ampia gamma di alimenti comuni, l’allarme per la salute vale per tutti i consumatori, ma è l’infanzia la fascia di età più esposta, sulla base del peso corporeo. I più importanti gruppi di alimenti che contribuiscono all’esposizione all’acrilammide sono i prodotti fritti a base di patate, il caffè, i biscotti, i cracker, i pani croccanti e il pane morbido”.

Il Regolamento 2017/2018 ha ripreso le valutazioni dell’EFSA e ha definito le misure per “gestire” questo pericolo, indicando ai produttori di alimenti a “rischio”  di contaminazione di acrilammide  le misure cautelative da adottare durante la lavorazione.

Nell’allegato IV del documento vengono riportati i livelli di “riferimento” di acrilammide nei diversi alimenti. In pratica si dice quali sono le quantità che si possono accettare nelle patate fritte, il pane, i biscotti, il caffè, ecc. e che i produttori debbono rispettare.

E’ prevedibile che le aziende alimentari si adeguino alle prescrizioni comunitarie e che metteranno in commercio prodotti in cui l’acrilammide sia presente a livelli inferiori a quelli di sicurezza indicati dal Regolamento; la speranza è che non ci sia qualche aziende che scriva sulle confezioni dei suoi prodotti “senza acrilammide” o qualcosa di simile.

Il vero problema però riguarda quello che cuciniamo in casa dove difficilmente abbiamo gli strumenti per controllore le cotture e dove esiste il pericolo di avere delle contaminazioni da acrilammide

Dobbiamo ricordare che le “bruscature” della pasta al forno, della “bruschetta”, dei dolci, ecc., conferiscono ottimi sapori ai nostri alimenti, ma possono nascondere l’insidia della formazione di acrilammide.

Anche nelle fritture bisogna fare attenzione sia alla scelta del grasso di frittura (olio extravergine di oliva, strutto e addirittura l’olio di palma sono tra i migliori), sia alla sua gestione. A tale proposito si suggerisce la lettura dell’articolo allegato (Allegare l’articolo “La frittura del cibo: certezze e incertezze” pubblicato nel blog nel 2011).

Come accennato, con ogni probabilità, negli alimenti industriali che acquistiamo l’acrilammide sarà nei limiti di sicurezza indicati dalla UE. Più complessa è la situazione nelle nostre cucine, dove è necessaria una maggiore attenzione.

Un problema potrebbe essere rappresentato da quelle rosticcerie, pizzerie ecc., che utilizzano più volte lo stesso olio di frittura, o che non fanno molta attenzione ai tempi di cottura. Queste situazioni possono essere accertate quando si avverte odore o sapore di bruciato; bisogna avere il coraggio di respingere i cibi che hanno queste caratteristiche.

La raccomandazione è di limitare (non escludere) il consumo di alimenti cotti al forno o fritti troppo “bruscati” e di fare molta attenzione a quello che mangiano i nostri bambini.

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