Latte importato: esiste davvero un “problema sicurezza”?

Agostino Macrì
3 Dicembre 2019
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Recentemente la trasmissione Report della RAI ha affrontato la questione del latte e in particolare il fatto che importanti quantità, utilizzate dai caseifici italiani, sono di importazione. Non è stata fatta alcuna menzione al latte fresco che deriva quasi interamente dalle stalle nazionali e nemmeno di quello a lunga conservazione che invece è in gran parte importato.

Le nostre leggi prevedono che nei formaggi prodotti in Italia sia dichiarata l’origine del latte per dare modo al consumatore di poter scegliere un prodotto interamente nazionale da uno fatto con la materia prima straniera.

Questa informazione è superflua per i prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP) perché le materie prime utilizzate debbono essere interamente nazionali.

Il “leitmotiv” di tutto il servizio è stato comunque il sospetto che i nostri caseifici utilizzino latte di importazione senza dichiararlo nel formaggio prodotto.

 

Perché si importa il latte.

Il motivo principale è che la nostra produzione di latte, soprattutto bovino, non è sufficiente per coprire la potenzialità produttiva dei nostri caseifici e quindi dobbiamo importarlo. Altro motivo di non trascurabile importanza è che i costi di produzione del latte italiano sono più elevati di quattro – cinque centesimi rispetto a quello straniero. E’ evidente che i caseifici, a parità di qualità e sicurezza, preferiscono risparmiare.

Nel servizio di Report è stato intervistato un “tecnico” di fronte a una forma di formaggio; egli  ha affermato che fatto con il latte nazionale costa 300 euro. Se invece venisse fatto con latte di importazione costerebbe 100 euro.  E’ molto evidente la forzatura anche perché i costi della materia prima non possono incidere così tanto. Ma nessuno lo ha contestato.

 

Sicurezza.

Questo è l’aspetto che interessa maggiormente i cittadini. Si tratta uno spettro agitato da autorevoli rappresentanti degli allevatori italiani. Non a caso uno di essi nel servizio ha affermato che il latte italiano è molto controllato e quindi sicuro. Alla domanda se consumerebbe latte di importazione ha risposto in modo negativo dicendo di non fidarsi alludendo al pericolo dei residui di farmaci. Si tratta di opinioni basate su pregiudizi privi di fondamento. La produzione del latte in tutti i Paesi della UE avviene nel rispetto di regole comuni che consentono l’uso di farmaci solo in precise condizioni che di fatto garantiscono l’assenza di pericoli. Nelle vacche da latte può verificarsi la necessità di utilizzare gli antibiotici nei casi di mastiti. Quando questo avviene il latte prodotto dagli animali ammalati e/o sotto cura viene scartato. L’eventuale presenza di residui di antibiotici non consentirebbe infatti la produzione di formaggi; quando si accerta una contaminazione il latte viene rispedito al mittente sia esso nazionale o estero.

 

Tracciabilità.

Per ragioni sanitarie tutto il latte circolante, sia nazionale, sia di importazione, deve essere “tracciato”. Può infatti capitare che qualcosa sfugga alla rete dei controlli e che si accerti qualche “incidente” durante la lavorazione del latte o addirittura nel formaggio finito. In questi casi è necessario risalire lungo tutta la filiera produttiva e intervenire alla fonte del problema. Questa delicatissima funzione è esercitata dal Ministero della Salute che ha l’obbligo di mantenere riservate le informazioni di cui dispone.

I caseifici possono cambiare fornitori in funzione della disponibilità del mercato e, anche in funzione degli andamenti produttivi stagionali, utilizzare alternativamente latte nazionale o di importazione. E’ responsabilità quindi del caseificio di modificare le etichette di volta in volta. Si tratta comunque di un aspetto merceologico controllato efficacemente dai competenti organi del Ministero dell’”Agricoltura” che agiscono in modo autonomo e indipendente da quelli del Ministero della Salute.

 

Qualche considerazione.

Tutto il latte, sia di produzione nazionale, sia di importazione, deve possedere elevati comuni standard di sicurezza. In funzione delle modalità di allevamento e di alimentazione degli animali possono verificarsi alcune modifiche di carattere organolettico; infatti per ottenere alcuni formaggi tipici si possono utilizzare soltanto latti che rispondono a precisi requisiti.

Esistono molte tecniche di caseificazione che permettono di ottenere formaggi con caratteristiche organolettiche anche molto diverse tra loro. Ciò dipende dalla abilità dei “casari” che, indipendentemente dalla sua origine, trasformano il latte in formaggi che rappresentano anche le nostre tradizioni alimentari.

La maggiore criticità del nostro sistema è la quantità di latte prodotto che è sufficiente per farne alcuni prodotti tipici, ma insufficiente per il resto dell’industria casearia.

Se si vuole mantenere in vita tanti nostri caseifici l’importazione di latte dall’estero è una necessità.

L’alternativa è incrementare ulteriormente l’importazione di formaggi dai vari Paesi esteri.

I nostri allevamenti non si difendono cercando di arginare l’importazione di latte, ma con efficaci misure di sostegno che possano facilitare la nostra zootecnia non soltanto a parole.

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