Ci possiamo fidare delle indicazioni accessorie sui nostri alimenti?

Agostino Macrì
28 Febbraio 2018
Condividi su

Il Regolamento 1169/2011 obbliga i produttori a fornire ai consumatori, tramite le etichette, le informazioni sulle caratteristiche nutrizionali e la sicurezza degli alimenti messi in commercio. Le indicazioni più importanti sono l’elenco degli ingredienti, il valore nutrizionale, il contenuto in grassi, in zuccheri, in sale, la data di scadenza e anche la segnalazione di sostanze che possono provocare allergie in alcune persone.

Esiste anche la possibilità di indicare qualche proprietà “salutistica” degli alimenti, conosciute come “claim” (es. riduzione di colesterolo, apporto di vitamine, ecc,): tali indicazioni debbono però essere autorizzate dalla UE a seguito di una valutazione della documentazione scientifica da parte dell’EFSA.

Esiste anche la possibilità di indicazioni “accessorie” che dovrebbero meglio indirizzare i cittadini a una scelta consapevole dei cittadini nell’acquisto degli alimenti.

Indicazioni utili.

Si tratta delle indicazioni poste su alimenti destinati a particolari categorie di persone che soffrono di intolleranze o allergie a qualche nutriente. Ricordiamo a titolo esemplificativo gli alimenti senza glutine destinati ai “celiaci”, quelli senza zuccheri per i diabetici, i senza lattosio per gli intolleranti a questo zucchero presente nel latte.

Questo tipo di alimenti ha un mercato limitato e i produttori ovviamente cercano di incrementare le vendite. Un modo per raggiungere l’obiettivo e quello di “convincere” i consumatori che si tratta di alimenti che apportano benefici anche alle persone in normali condizioni di salute e non sono pochi quelli che “abboccano” alle promesse di inesistenti benefici.

Indicazioni scientificamente non giustificate.

Si tratta di quei “senza”, come “olio di palma” o “OGM” per cui sono sorti dei pregiudizi molto diffusi nell’opinione pubblica, ma che non comportano pericoli significativi per i consumatori. Gli “OGM” attualmente in commercio sono stati valutati da organismi scientifici internazionali e sono stati ritenuti privi di rischi per la salute. Per l’olio di palma, uno dei grassi alimentari maggiormente utilizzati in tutto il mondo, il solo problema potrebbe derivare da un consumo eccessivo in quanto contiene l’acido grasso saturo palmitico . Lo stesso problema si avrebbe però eccedendo nel consumo di grassi animali e anche altri grassi vegetali ricchi di acidi grassi saturi. Insomma invece di demonizzare l’olio di palma sarebbe stato decisamente meglio una adeguata campagna di informazione; una azione del genere però non avrebbe portato benefici tangibili ai produttori che probabilmente avrebbero visto ridurre le vendite. La gigantesca corsa al “senza olio di palma” ha invece contribuito a importanti successi commerciali.

Indicazioni pleonastiche.

Si tratta di quei casi in cui vengono fornite delle indicazioni di proprietà intrinseche in specifici alimenti e che possono trarre in inganno i cittadini.

Era possibile (e forse lo è ancora) trovare “marmellate” senza zucchero; non era infatti specificato che era presente solo il fruttosio che è lo zucchero naturalmente presente nella frutta e che ha le identiche caratteristiche nutrizionali del saccarosio che è lo zucchero commerciale.

In alcune “bevande” vegetali impropriamente chiamate “latte” (soia, avena, riso, ecc.) e anche nei surrogati di alcuni alimenti di origine animale (“formaggi” vegetali, hamburger e bistecche di soia, ecc.),  è possibile trovare scritto come indicazione accessoria “senza lattosio” e/o “senza colesterolo”. Purtroppo non tutti sanno che i vegetali sono naturalmente privi delle due sostanze e se si mangia una zuppa di fagioli o di cereali probabilmente ci si nutre molto meglio senza dover essere esposto al consumo degli additivi impiegati per ottenere i suddetti surrogati.

Ci possiamo fidare delle indicazioni accessorie?

La formulazione dell’etichetta, che generalmente ha dimensioni molto ridotte, deve rispondere a precise indicazioni del Regolamento 1169/2011 e possiamo fidarci. Le indicazioni accessorie che sovente sono presenti in modo ridondante nelle confezioni degli alimenti possono essere finalizzate a scopi commerciali e non sempre tengono conto dei reali interessi dei cittadini. Il complesso delle informazioni riportate sulle confezioni degli alimenti dovrebbero rappresentare una sorta di biglietto da visita del prodotto mentre alle volta sono un “cavallo di troia” con cui trasferire ai consumatori ogni sorta di informazione per condizionarne i comportamenti negli acquisti senza tenere conto delle sue reali esigenze. Per rispondere al quesito del titolo si può affermare che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.

Guarda la relazione presentata al Festival del Giornalismo Alimentare che si è tenuto a Torino il 23.2.2018.

Condividi su: