I coloranti negli alimenti

Agostino Macrì
12 Febbraio 2014
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La presenza di additivi coloranti è molto diffusa negli alimenti. Le ragioni sono diverse e generalmente servono per ridare il colore agli alimenti che lo hanno perso a causa di esposizione alla luce, ad elevate temperature e/o umidità, oppure a rendere gli alimenti più gradevoli alla vista come nel caso delle bevande alcoliche o analcoliche, prodotti dolciari, salse, eccetera. Si tratta di sostanze naturali o di prodotti di sintesi chimica che solo in alcuni casi esercitano qualche azione nutrizionale come avviene per esempio con i carotenoidi che hanno un’azione provitaminica. Nella maggior parte dei casi non hanno alcun effetto oppure, a dosi molto elevate, possono provocare anche danni. Proprio per questo motivo, per i diversi coloranti, sono state definite dosi accettabili giornaliere che non dovrebbero essere superate. Alcuni ricercatori inglesi negli anni scorsi hanno condotto uno studio somministrando ad alcuni bambini alimenti contenenti coloranti il cui impiego come additivo alimentare è consentito ed anche il conservante benzoato. Gli autori dello studio hanno osservato nei bambini delle modificazioni nei comportamenti che sono state attribuite proprio ai coloranti. Lo studio ha sollevato molta preoccupazione nell’opinione pubblica e l’EFSA (Autorità Alimentare Europea) ha esaminato i dati sperimentali disponibili e, sostanzialmente, è giunta alla conclusione che le informazioni ottenute non richiedono l’adozione di provvedimenti di esclusione nei confronti dei coloranti studiati. Sono state comunque abbassate le dosi accettabili giornaliere di alcuni di essi. La presenza di coloranti negli alimenti deve essere riportata in etichetta. Come per gli altri additivi si utilizza la sigla E seguita da un numero. I coloranti sono classificati con numeri da 100 a 197 (ad esempio E 131 è il Patent blu, mentre E 150 è il caramello). Nelle etichette però non è riportato il contenuto dei singoli coloranti e quindi il consumatore non è in grado di capire se la quantità che viene assunta è nell’ambito della dose accettabile giornaliera oppure tale dose viene superata. La cosa diviene ancor più complessa nel caso di uno stesso colorante che può trovarsi in diversi alimenti: ad esempio il caramello si trova nelle bevande analcoliche “nere”, in molti dolciumi, in alcune salse, ecc. Non sapendo quanto ne è contenuto nei singoli alimenti non è possibile regolarsi sulle quantità che vengono assunte. Esistono poi delle situazioni in cui la dose accettabile giornaliera viene superata e la stessa EFSA afferma che per un colorante alcuni bambini ne assumono dosi superiori anche a 20 volte. Nella maggior parte dei casi le aziende alimentari comunque utilizzano quantità di coloranti molto basse e nella quasi totalità dei casi il pericolo di una “over dose” è trascurabile. In generale, almeno sulla base dei pareri dell’EFSA e del Codex Alimentarius, si può affermare che il consumo di alimenti contenenti coloranti non comporta pericoli significativi per i consumatori. Pur rendendoci conto della difficoltà di mettere in atto questo consiglio, può essere utile leggere le etichette e controllare la presenza o meno di coloranti e, possibilmente, se uno stesso colorante è presente in più alimenti: in questi casi potrebbe essere opportuno rinunciare a consumarne qualcuno. Il colore degli alimenti è sicuramente un ottimo mezzo promozionale, ma i consumatori dovrebbero imparare a conoscere i colori naturali come, ad esempio, gli alimenti e le bevande a base di menta che non debbono essere necessariamente verdi e così come gli aperitivi non debbono essere esclusivamente rossi o le cole nere.
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