Acqua alcolica: meglio diffidarne!

Agostino Macrì
2 Gennaio 2020
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La bevanda più semplice e anche più salutare è l’acqua. Tuttavia sin dall’antichità l’uomo ha imparato a produrre e consumare le bevande alcoliche e in particolare il vino e, in misura minore, la birra. La situazione è rimasta immutata  per molti secoli fino a quando sono comparse le bevande analcoliche gassate e non, che hanno profondamente modificato il nostro modo di bere.

Oltre all’anidride carbonica, la novità più importante di queste bevande è stata la “dolcificazione” con lo zucchero. Il successo è stato enorme anche perché al bisogno primario della sete è stato aggiunta la piacevolezza “voluttuaria”. Negli ultimi decenni pesanti campagne hanno spinto molti a bere bevande gassate zuccherate anche in sostituzione dell’acqua  e durante i pasti.

Il fenomeno è stato particolarmente esteso negli Stati Uniti dove il consumo di bevande analcoliche gassate è generalizzato. Tale fenomeno, unito al consumo di altri alimenti ricchi di grassi e di zuccheri e allo scarso esercizio fisico, è da ritenersi la causa principale del sovrappeso e dell’obesità.

Per tentare di evitare questi fenomeni e in  soccorso al mantenimento del piacere del bere e, soprattutto, agli interessi dei produttori, sono arrivati i dolcificanti. In pratica sono state messe a disposizione dei consumatori delle bevande “acaloriche” costituite da soluzioni acquose contenenti additivi alimentari che non sono altro che miscele di sostanze chimiche naturali e di sintesi.

Il passo successivo è stato quello delle bevande energetiche in cui si trovano quantità anche importanti di stimolanti e in particolare di caffeina. La caffeina era già presente in alcune “cole”, ma la concentrazione era più ridotta; visti i successi degli “energy drink” i produttori di cole  stanno reagendo con il “rinforzo” del contenuto  di caffeina.

Tra le bevande alcoliche la birra è quella che nel mondo è forse la più apprezzata. In diversi Paesi europei il consumo procapite supera i i 100 litri l’anno. Negli USA e in Cina si attesta intorno ai 75 litri, mentre nel nostro Paese è di circa 36 litri. Si tratta di numeri molto importanti e attrattivi per i “bibitari” che cercano di trovare spazi in questo mercato.

La soluzione sembra che l’abbiano trovata negli USA dove è stata inventata e messa in commercio  la cosiddetta “acqua alcolica”. Si tratta di un prodotto ottenuto, con un processo analogo a quello della birra; infatti si fa fermentare il malto di orzo insieme a zucchero di canna fino a ottenere una bevanda con una concentrazione alcolica di circa il 4,5 %. Si passa poi alla aromatizzazione con estratti di vari frutti (mandarini, arance, mango, mirtilli, ecc.), alla gassificazione con anidrida carbonica e la bevanda è pronta. Esistono anche “acque alcoliche” senza gas.

Al resto ci pensa la pubblicità che ha trovato il modo di presentarla come “fresca”, rilassante, a basso contenuto calorico e altri attributi accattivanti per convincere i consumatori della sua “bontà” .

Il successo è stato molto importante tanto che nell’ultimo anno i sette “brand” che producono questa “acqua” hanno registrato un “boom” nelle vendite.

Non nostro Paese questa bevanda non sembra che sia ancora arrivata; bisogna però fare attenzione e se il prodotto dovesse entrare nei nostri consumi alimentari è necessario spiegare bene ai cittadini, e in particolari ai più giovani, le insidie nascoste e derivanti dall’alcol. Bisogna ricordare che bevendo qualche lattina o bottiglia di acqua alcolica ci si può ubriacare e che non è sicuramente un prodotto “dietetico”.

E’ quindi opportuno cominciare a trasferire informazioni corrette ai cittadini anche prima che la macchina pubblicitaria ci travolga con messaggi rassicuranti, ma forse menzogneri.

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