Analogie tra “cistanche” e “sporchia”

Agostino Macrì
20 Luglio 2018
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Al Sistema di Allerta Comunitario (RASFF) lo scorso 16 luglio 2018 è stata segnalata la presenza di “cistanche” in un integratore alimentare. La segnalazione è stata fatta perché di tratta di un “novel food” su cui ancora l’EFSA non ha espresso un parere. In assenza di questo parere e di una specifica autorizzazione da parte dell’UE non può essere commercializzato.

Il “cistanche” è un vegetale, appartenente alle Orobanchaceae utilizzate nella medicina tradizionale cinese per diversi usi. Cercando di capire di quale pianta si tratti ho trovato la sua immagine e ho visto essere molto simile a una pianta che nel mio orticello parassita le fave e i piselli. I risultati per le mie modestissime produzioni sono devastanti: praticamente il raccolto viene distrutto.

Ho quindi deciso di smettere di coltivare i due legumi, ma nello stesso tempo mi sono documentato sulle caratteristiche del parassita. Ho così appreso che viene volgarmente chiamato “sporchia”, è una pianta erbacea priva di clorofilla, parassita poiché nasce e si alimenta di linfa sottratta alle radici delle piante delle fave e/o dei piselli. Appartiene alla famiglia delle Orobanchaceae, genere Orobanche, (dal greco orobos = legume e ànchein = soffocare), la specie “Orobanche Crenata” è quella che predilige in particolare le piante delle fave; altro nome in italiano è ”Succiamele delle Fave”.

La “sporchia” produce dei simi piccolissimi che si diffondono nell’ambiente e, appena trovano le radici delle piante di fave o di piselli, vi si attaccano e cominciano a svilupparsi. Sulla base della mia esperienza ho visto che lasciano il tempo ai legumi di crescere, fiorire e fare maturare i primi frutti. Successivamente però le piante smettono di fiorire e divengono improduttive.

Approfondendo ulteriormente le mie conoscenze ho scoperto che in alcune aree geografiche italiane, e in particolare in Puglia, la “sporchia” è considerata una raffinatissima specialità alimentare e addirittura i contadini puntano alla produzione della “sporchia” piuttosto che delle fave.

E’ così che da minaccia è diventata una  “risorsa“. Da alimento della povera gente si è trasformata in una vera e propria prelibatezza che viene servita nei migliori ristoranti delle zone in cui è conosciuta e apprezzata

Ho anche trovato delle ricette .

Si suggerisce di farla bollire per pochi minuti. Successivamente deve essere lasciata in acqua che va cambiata di frequente per favorire l’eliminazione delle sostanze amare presenti nella pianta e dopo un paio di giorni deve essere “strizzata” per eliminare l’acqua residua. A questo punto si può condire con sale, olio e menta: si può anche passare al forno o friggerla impanata.

Si può anche conservare sotto olio e consumare in un secondo tempo.

Tutte queste cose le ho scoperte dopo aver buttato via un paio di carriole di “sporchia” che, se fossi stato più colto, avrei invece mangiato e magari regalato ai miei amici.

Ritornando alla segnalazione al RASFF che di fatto ha messo fuori commercio un integratore a base di “cistanche” perché “novel food” non registrato, mi domando se alla “sporchia” non debba essere riservato lo stesso trattamento, oppure la si debba considerare un alimento e magari componente fondamentale della dieta mediterranea, almeno per quelle popolazioni che la mangiano come prelibatezza.

Qualcuno mi sa dare una risposta?

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