Il favismo dipende dal consumo delle fave?

Agostino Macrì
26 Aprile 2017
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Il favismo è conosciuto come una malattia legata al consumo delle fave, ma non è proprio cosi. Anche se le fave possono essere il fattore scatenante, la causa è un “difetto” congenito che hanno alcune persone e più precisamente una carenza dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD). Si tratta di un enzima fondamentale per la sopravvivenza e la funzionalità dei globuli rossi. Infatti “protegge” e contribuisce a mantenerne integra la membrana. La mancanza di G6PD può provocare una “rottura” dei globuli rossi e la conseguente fuoriuscita della emoglobina che si disperde nel sangue.

In questo modo viene provocato uno stato di anemia e viene meno la capacità del sangue  di trasportare l’ossigeno nei vari distretti corporei. Le conseguenze per la salute possono essere ovviamente molto gravi.

La carenza di G6PD  è di origine genetica ed è diffusa in alcune popolazioni; in particolare ne sono colpiti circa il 60 % dei Curdi e l’11% dei Neri Americani. In alcune zone della Sardegna fino al 30 % delle persone ne è colpita.

In generale i maschi sono più colpiti delle femmine ed i bambini sono più sensibili degli adulti.

Quali sostanze scatenano il favismo.

Anche se i livelli fisiologici di G6PD sono bassi generalmente sono compatibili con condizioni di vita normale. I problemi sorgono quando le persone “carenti” assumono delle sostanze in grado di “inibire” l’attività della poca G6PD presente e quindi provocare la malattia di cui è stato fatto cenno.

Sin dall’antichità si sa che il consumo di fave è in grado di scatenare le malattia che prende appunto il nome  di “favismo”. Solo in tempi relativamente recenti si è scoperto che la Divicina e la Convicina presenti naturalmente nelle fave sono in grado di inibire l’attività della G6PD. Si è anche visto che alcuni farmaci come i sulfamidici, alcuni antimalarici e il blu di metilene hanno la capacità di inibire l’azione della G6PD.

La maggioranza delle persone ha un livello di G6PD sufficientemente elevato e non risente in modo significativo dell’assunzione di inibitori assunti con una abbondante mangiata di fave e/o dei farmaci usati a scopo terapeutico.

Cosa fare per prevenire e curare il favismo.

La carenza di G6PD può essere accertata con esami clinici di laboratorio. Purtroppo però al momento non si conoscono terapie in grado di innalzare i livelli dell’enzima nelle persone in cui l’enzima è carente.

La misura di profilassi più efficace è quella di evitare alle persone “carenti” l’esposizione agli inibitori della G6PD presenti nelle fave e anche ai farmaci di cui abbiamo parlato. E’ ovviamente molto importante che negli esercizi commerciali e nella ristorazione collettiva sia segnalata in modo adeguato la presenza di fave.

Per curare una eventuale “intossicazione” è necessario rivolgersi immediatamente alle strutture mediche dove potranno essere fatte delle trasfusioni di sangue per “ripristinare” i livelli normali di globuli rossi.

Conclusioni.

Il favismo dimostra ancora una volta che negli alimenti “naturali” sono presenti delle sostanze tossiche in grado di compromettere lo stato di salute delle persone. Alla luce della diffusione relativamente ampia della malattia sarebbe utile che il Regolamento 1169/2011 preveda l’inclusione delle fave tra gli allergeni da dichiarare in etichetta.

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