Farine animali nei mangimi: pericoli per i consumatori?

Agostino Macrì
9 Settembre 2014
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Sono passati circa venti anni da quando si è capita la gravità della BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina) meglio conosciuta come “mucca pazza”. Si è trattato di una malattia completamente nuova per i bovini che si trasmette per via alimentare con il consumo di farine di carne ottenute da animali ammalati. In un primo tempo si pensava che la malattia colpisse soltanto i bovini, ma all’inizio di questo secolo si vide che anche l’uomo poteva ammalarsi consumando la carne degli animali infetti. Questa osservazione venne fatta in ritardo perché la malattia, che evolve sempre in modo letale, ha un periodo di incubazione di alcuni anni e quando può essere diagnosticata è troppo tardi. Purtroppo il consumo di carne infetta ha contagiato, soprattutto nel Regno Unito, oltre duecento persone che sono poi decedute. In Italia sono stati registrati due casi. Non appena si capì la gravità della situazione, vennero prese misure molto drastiche per prevenire ed “eradicare” la BSE nei bovini e per prevenire la malattia nell’uomo. Sul fronte veterinario si impose l’esclusione del consumo di farine di carne in alimentazione animale, l’abbattimento e la distruzione mediante incenerimento di tutti gli animali ammalati o sospetti di esserlo, il divieto di esportazione di animali dalle zone in cui la malattia era presente. Per tutelare la salute dell’uomo venne proibito non solo il consumo della carni degli animali infetti o sospetti di esserlo, ma anche di quelle parti degli animali potenzialmente pericolosi ed in particolare il tessuto nervoso. Tutti ricorderanno che la bistecca alla fiorentina non poteva essere consumata con l’osso perché conteneva del midollo spinale. Inoltre venne istituito un controllo sistematico di tutti gli animali macellati per essere certi della sicurezza delle carni destinate al consumo alimentare umano. Le drastiche misure intraprese hanno permesso di raggiungere l’’obiettivo di “eradicare” la malattia tra i bovini e al momento attuale si può affermare con una ragionevole certezza che le carni destinate al consumo alimentare umano sono sicure e prive di pericoli riconducibili alla BSE. Infatti anche per l’uomo da alcuni anni ormai non si verificano più casi di BSE contratta con il consumo di carne infetta. Purtroppo però esiste una malattia spontanea molto simile, chiamata di Creutzefeld e Jacobs, che ogni anno colpisce in Italia in media alcune decine di persone, ma che non ha nulla a che vedere con la BSE. Non sono rari i casi in cui l’opinione pubblica viene informata in modo errato ed allarmistico facendo confusione tra le due malattie. Sulla base della nuova situazione l’Unione Europea ha gradualmente rimosso le limitazioni a cui si è accennato, mantenendo comunque attivo un rigido sistema di controllo degli animali macellati. Rimaneva però il divieto relativo al consumo delle farine animali nella alimentazione zootecnica. Da ogni animale macellato si ricavano quantità molto importanti di sottoprodotti (pelli, tessuti cartilaginei, ossa, sangue, ecc.), non utilizzabili in alimentazione umana e che vengono trasformati in farine. Si stima che in Italia le quantità di farine animali ottenute siano circa 500.000 tonnellate ogni anno. Le farine animali sono molto ricche in proteine, grassi e sali minerali e hanno quindi un ottimo valore nutrizionale per gli animali da allevamento “carnivori”, quali ad esempio alcuni pesci da allevamento. Il perdurare del divieto di utilizzare le farine animali nei mangimi ha comportato seri problemi per il loro smaltimento in quanto le sole vie percorribili sono state quelle dell’incenerimento o dell’utilizzazione come combustibile per la produzione di energia, con evidenti problemi di emissione di gas tossici. Come detto, il pericolo della diffusione della malattia della “mucca pazza” è completamente scomparso e per questo motivo l’UE ha deciso una cauta ripresa della utilizzazione delle farine animali nell’alimentazione zootecnica. Si tratta di una misura molto importante perché consente di utilizzare ottimi alimenti per alcune specie animali; allo stesso tempo si può ridurre l’importazione di altre materie prime ad elevato contenuto proteico come la soia che, come noto, è quasi tutta OGM. Non bisogna poi sottovalutare la riduzione dell’impatto ambientale causato dai gas di combustione delle farine. L’UE si è mossa con grande prudenza e ha consentito l’utilizzazione delle farine animali nell’alimentazione zootecnica soltanto nei casi in cui non esiste alcun pericolo di diffusione della malattia. Appaiono quindi privi di ogni fondamento alcuni segnali allarmistici, lanciati anche attraverso i media, secondo cui si sta attentando alla salute dei cittadini. Uno degli ultimi di questi segnali fa riferimento al pericolo di “pesce pazzo”, in quanto ai pesci di allevamento è possibile somministrare mangimi contenenti farine di carne. Si tratta di un allarme destituito di ogni fondamento che disorienta i cittadini e che può limitare il consumo di alimenti di elevato valore nutrizionale e molto sicuri. (Agostino Macrì, Fonte “Cibo e salute” de La Stampa del 19.8.2014)
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