Ma è proprio vero che si rischia di mangiare la bistecca al gusto di doping?

Agostino Macrì
30 Luglio 2015
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Il 27 luglio u.s. è comparso sul quotidiano Il Giornale un articolo dal titolo “Se rischiamo di mangiare la bistecca al gusto di doping” che denuncia una presunta gravissima situazione di illegalità nell’allevamento dei bovini. All’inizio dell’articolo c’è una frase di grande effetto che recita: “Ma nel nostro piatto, con l’arrosto, finiscono anabolizzanti, steroidi, ormoni sessuali ed altre sostanze vietate”. A sostegno di queste affermazioni sono riportate indagini della Magistratura di qualche tempo fa sul caso di un singolo allevatore che utilizzava clandestinamente sostanze vietate e che è stato scoperto e condannato. Poi sono riportate le indagini dei Carabinieri NAS del 2014 sui farmaci veterinari (messe in evidenza sotto il titolo dell’articolo) che hanno fatto 211  controlli ed hanno comminato “ben 114 sanzioni penali e 71 amministrative”. L’articolo prosegue con la descrizione del “trucco del weekend”, dell’importanza delle analisi del pelo, dell’importanza degli esami istologici per accertare trattamenti pregressi illegali ed infine si polemizza sulla validità del “piano nazionale residui” Cerchiamo di commentare a partire dal fondo i vari punti esposti a sostegno della tesi della pericolosità della carne bovina. Cominciamo dal piano nazionale residui. Si tratta di un controllo che richiede l’Unione Europea a tutti gli Stati membri ed ha lo scopo di individuare non tanto il singolo animale trattato illegalmente, quanto la diffusione delle eventuali illegalità. Per questo viene definito a priori il numero di campioni da effettuare e da analizzare. Nei casi di positività non solo si eliminano le carni, il latte, le uova o il miele, ma si risale all’allevamento e si può giungere anche alla sua chiusura. I risultati del 2014 sono molto confortanti in quanto su  40.806 campioni solo 44 sono risultati non conformi. I trattamenti con sostanze ad attività ormonale possono dare origine a delle lesioni istologiche a carico di diversi organi. Queste lesioni, che si possono osservare dopo la macellazione,  permangono anche se le sostanze sono state completamente eliminate e nelle carni non ci sono più residui. Nel passato si è riscontrata la presenza di lesioni intorno al 15 % degli animali macellati. Attualmente (come riportato nell’articolo) per gli steroidi sessuali la positività è del 2 %. Mentre rimane alta quella dei corticosteroidi. Vale la pena di segnalare che i corticosteroidi possono essere impiegati legalmente  ed anche in questo modo le lesioni permangono. Inoltre i corticosteroidi vengono eliminati molto velocemente ed i residui dopo alcuni giorni dal trattamento spariscono in modo completo senza danno per chi li consuma. Le analisi del pelo possono dimostrare pregressi trattamenti con farmaci beta agonisti (clembuterolo, salbutamolo, ecc.). Anche in questo caso si deve rilevare che nello spazio di circa una settimana i beta agonisti sono completamente escreti ed il rischio di trovarli come residui è praticamente nullo. Il cosiddetto “trucco del weekend” per cui gli allevatori disonesti farebbero  trattamenti il sabato o la domenica, quando i controlli pubblici sono allentati, non è verosimile viste e considerate le molte possibilità di controllare la contaminazione di sangue, feci o urine. Gli interventi dei NAS sono generalmente mirati a situazioni di sospetto, magari segnalate dalle ASL. E’ quindi evidente che la probabilità di trovare qualcosa di irregolare è molto alta ed i dati riportati non debbono sorprendere più di tanto. Anche se non si può escludere la presenza di qualche allevatore disonesto, si può affermare con una ragionevole certezza che la carne che viene messa regolarmente in commercio proviene da animali sottoposti a rigorosi controlli sanitari e la presenza di residui di sostanze potenzialmente pericolose deve essere esclusa. Se la bistecca si “restringe” bisogna considerare che è costituita per circa il 75 % di acqua che con la cottura evapora e quindi il restringimento è anche “fisiologico”. Leggendo attentamente l’articolo de “Il Giornale” sono scritte le stesse cose; peccato che la conclusione, o meglio il titolo e l’introduzione sono totalmente fuorvianti ed allarmistici.
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