Ci possiamo fidare degli alimenti in “technicolor”?

Agostino Macrì
16 Aprile 2019
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Quanti di noi sarebbero entusiasti nel consumare un’aranciata, una cola, una fetta di salmone affumicato, o il tuorlo di un uovo incolori? Probabilmente pochi e per questo esiste la possibilità di “colorarli”: Il tutto però deve avvenire nel rispetto delle norme sugli additivi coloranti definite dal Regolamento Europeo 1333/2008. Lo stesso Regolamento li definisce come: “sostanze che conferiscono un colore a un alimento o ne restituiscono la colorazione originaria, e includono componenti naturali degli alimenti e altri elementi di origine naturale, normalmente non consumati come alimento né usati come ingrediente tipico degli alimenti. Sono coloranti ai sensi del presente regolamento le preparazioni ottenute da alimenti e altri materiali commestibili di base di origine naturale ricavati mediante procedimento fisico e/o chimico che comporti l’estrazione selettiva dei pigmenti in relazione ai loro componenti nutritivi o aromatici.”

Tradotto in termini più semplici, i coloranti possono essere sostanze naturali estratte da piante o animali oppure “riprodotte” con processi industriale o anche sostanze “xenobiotiche”, cioè ottenute da sintesi chimiche e che non sono presenti in natura.

La presenza di coloranti negli alimenti deve essere riportata in etichetta. Come per gli altri additivi si utilizza la sigla E seguita da un numero. I coloranti sono classificati con numeri da 100 a 197 (ad esempio E 131 è il Patent blu, mentre E 150 è il caramello).

Il colorante quindi è “incorporato” o “miscelato” in un alimento o in una bevanda conferendogli il colore che si desidera.

Pigmentanti

Il colore di alcuni alimenti, in particolare del tuorlo dell’uovo, dei salmoni e delle trote salmonate, dipende dal tipo di alimento che gli animali mangiano. Le galline che vivono allo stato “brado” si alimentano con vegetali freschi in cui sono presenti in abbondanza carotenoidi, xantofille e altre sostanze intensamente colorate. Queste sostanze finiscono nel tuorlo e lo “pigmentano” conferendogli il colore che tutti conosciamo.

Qualcosa di analogo avviene per i salmoni che in natura si alimentano con dei piccoli crostacei (krill) che hanno il carapace in cui è presente l’astaxantina; questa sostanza si accumula nella carne dei salmoni conferendole il caratteristico colore.

Sia le galline, sia i salmoni di allevamento sono alimentati con mangimi in cui queste sostanze non sono presenti e quindi sia le uova, sia le carni di salmone sarebbero in pratica incolori. Per evitare che questo accada gli stessi pigmenti si utilizzano sotto forma di “additivi” dei mangimi. Tecnicamente si chiamano additivi “organolettici” poiché servono a migliorare le caratteristiche qualitative degli alimenti che gli animali producono.

Tali additivi dei mangimi si ottengono anche con procedimenti che sfruttano i “pigmenti” ottenuti dalla coltura di alcuni microrganismi. In questi casi si tratta di prodotti derivati da processi produttivi “naturali”.

Tecniche illegali

Nell’ambito della colorazione alimentare ci sono anche delle tecniche illegali. La più diffusa riguarda la carne, in particolare quella tritata, e il pesce come il tonno rosso. Per mantenerne vivo e inalterato il colore si usano sostanze come i nitriti che si legano alla mioglobina stabilizzandone la colorazione. Tale sistema fa sembrare la carne “fresca”, ma maschera eventuali processi putrefattivi in atto che rendono l’alimento molto pericoloso. Qualche anno fa in Sicilia delle persone si sono gravemente ammalate e due sono addirittura morte per aver consumato tonno rosso adulterato.

Quali garanzie?

Come accennato, sia l’uso degli additivi alimentari, sia l’uso di quelli dei mangimi, è autorizzato dall’Unione Europea. Tale autorizzazione avviene a seguito di una valutazione dei rischi da parte dell’EFSA (Autorità Alimentare Europea) che esprime un parere sulla sicurezza dei singoli additivi e ne definisce la Dose Accettabile Giornaliera (DGA). Nelle etichette non è riportato il contenuto dei singoli coloranti e quindi se si consumano più alimenti contenenti lo stesso colorante, non si è in grado di capire se la quantità che viene assunta è nell’ambito della DGA oppure tale dose viene superata. Tuttavia si tratta di sostanze con un buon livello di sicurezza e impiegate in alimenti il cui consumo è piuttosto contenuto per cui gli eventuali pericoli sono veramente modesti.

Che cosa fare con gli alimenti in “technicolor”

La colorazione degli alimenti stimola spesso il desiderio di consumarli e questo fatto è sfruttato dai produttori. Dobbiamo quindi fare attenzione e sapere che alle volte le nostre convinzioni non sono corrette. Non è detto che la menta sia verde o che gli aperitivi debbano essere rossi o ancora che le cole debbano essere nere. Magari ricordiamo che la trota salmonata differisce dalla normale soltanto perché nel mangime è stata aggiunta un po’ di astaxantina e la differenza di prezzo non è giustificata. In ogni caso è bene leggere le etichette ed evitare l’acquisto di alimenti da canali illegali dove il colore di un alimento potrebbe essere usato a scopo fraudolento.

In definitiva impariamo a consumare gli alimenti colorati con fiducia, ma con un minimo di attenzione.

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